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Python regius – pitone reale

Il pitone reale (Python regius) origina dalle praterie dell’Africa occidentale e centrale. L’alimentazione allo stato naturale consiste quasi esclusivamente di roditori (ratti, gerbilli, gerboa). È un predatore notturno che per localizzare la preda si serve di particolari organi di senso localizzati lungo i margini della bocca, che permettono di percepire le radiazioni infrarosse emesse dai corpi caldi delle prede. Individuata la preda, il pitone scatta afferrandola con la dentatura appuntita e la stringe tra le spire, soffocandola. Una volta uccisa, la preda viene ingoiata intera. Allo stato naturale il pitone reale sospende l’alimentazione in inverno, quando la temperatura notturna scende sotto i 22°C circa.
I pitoni reali raggiungono la maturità sessuale a 2-4 anni. La stagione riproduttiva va da novembre ad aprile. Vengono deposte 4-8 uova, che la femmina cova avvolgendole tra le spire. La schiusa richiede 70-85 giorni. In cattività la riproduzione è infrequente.
E’ un serpente generalmente docile e di dimensioni contenute (90-150 cm da adulto) e questo, insieme al costo ridotto, ne fa un rettile da terrario popolare. Tuttavia è sempre sconsigliato l’acquisto di esemplari di cattura, che si adattano male alla cattività, presentano spesso grossi problemi di anoressia ed elevata mortalità. I soggetti nati in cattività in genere presentano invece pochi problemi e rappresentano dei buoni animali da terrario, anche se sono più adatti ad allevatori esperti.
La longevità è potenzialmente di 20-30 anni.

Il terrario

Il pitone reale va tenuto singolarmente nel terrario: la presenza di un altro serpente, anche se della stessa specie, è stressante e può causare anoressia. Il terrario in cui viene tenuto il rettile deve replicare, per quanto possibile, il suo habitat naturale, cosa sempre impossibile da fare in modo perfetto in un ambiente tanto ristretto. L’allestimento deve essere tale da non complicare le operazioni di pulizia, che se diventano troppo impegnative rischiano di essere rimandate con conseguenze deleterie per l’igiene.
Il pitone va alloggiato in un terrario a prova di fuga, con le pareti lisce, facili da pulire e disinfettare; i materiali più usati sono il vetro, il plexiglas, la plastica e la fibra di vetro. La teca deve essere sufficientemente ampia da permettere al rettile di fare una certa attività.
All’interno del terrario vanno collocati dei nascondigli, ad esempio vasi di coccio o scatole con un’apertura o cortecce d’albero. I nascondigli sono indispensabili per il benessere di questo rettile tanto timido perché gli forniscono un senso di sicurezza e riducono lo stress.
Si deve evitare di lasciare il rettile libero di girare per casa perché ciò lo espone a numerosi pericoli (ad esempi di perdersi o di venire schiacciato), a condizioni ambientali inadeguate per quanto riguarda temperatura e umidità, e perché non è una buona pratica igienica.

Temperatura

Poiché i rettili regolano la loro temperatura corporea utilizzando fonti esterne di calore, si deve porre nel terrario una fonte di riscaldamento. La temperatura diurna deve essere di 27-32°C, con riduzione una riduzione notturna di alcuni gradi. Non è necessaria la presenza di un “punto caldo” localizzato.
La temperatura va controllata con l’uso di termometri e termostati. Se la temperatura è troppo elevata il serpente può morire in pochi minuti per ipertermia. Temperature troppo basse non permettono al rettile di sostenere le attività metaboliche, come la digestione e la funzionalità del sistema immunitario, causando anoressia e malattie.
Il terrario può essere riscaldato tramite lampade oppure con materassini riscaldanti. La cosa fondamentale è che la fonte di calore sia posta all’esterno del terrario, in modo che il rettile non ne possa venire a contatto. I serpenti sembrano incapaci di avvertire il dolore causato da temperature eccessive e se ne hanno la possibilità possono avvolgersi intorno ad una lampadina incandescente fino a ustionarsi gravemente. Il sistema di riscaldamento va collegato ad un termostato di ottima qualità, in modo da regolare la temperatura sui valori ottimali. Un surriscaldamento accidentale all’interno del terrario, anche solo per pochi minuti, può causare la morte del suo abitante.
Da evitare assolutamente sono le cosiddette “rocce calde”, apparati di riscaldamento simili a un pezzo di roccia, naturale o artificiale, contenenti all’interno una resistenza elettrica e da collegare alla presa di corrente. Si suppone che il rettile, quando ha bisogno di riscaldarsi, vi si sdrai sopra. Questi oggetti sono di per sé molto pericolosi perché causano ustioni con elevata frequenza, sia per problemi di malfunzionamento, sia perché il contatto prolungato con il tempo ustiona i tessuti anche se la temperatura prodotta non è di per sé eccessiva. Il tempo di contatto, infatti, è altrettanto importante della temperatura assoluta nel provocare ustioni.

Umidità e aerazione

L’umidità è un altro fattore essenziale per la salute del rettile; il pitone reale va mantenuto a un’umidità del 50-70%. In condizioni di umidità troppo bassa il serpente è soggetto a disidratazione (che danneggia la funzione renale) e a problemi di muta. Se l’umidità è troppo alta si possono verificare macerazioni e infezioni della cute. Per verificare il livello di umidità presente nel terrario è necessario utilizzare uno specifico strumento detto igrometro, comunemente in vendita nei negozi per rettili o in quelli per bricolage. Se è necessario aumentare l’umidità si può spruzzare di frequente dell’acqua, oppure si può collocare il recipiente dell’acqua sotto la lampada riscaldante.
Nel terrario ci deve essere un buon ricambio d’aria, assicurato da griglie di ventilazione poste una in basso e una in alto su due pareti opposte.

Substrato

Il materiale usato sul fondo del terrario può avere una notevole importanza per la salute e va scelto con attenzione. Il tipo di materiale più economico e facile da sostituire è rappresentato dalla carta (giornali vecchi, carta da pacchi…); non è un materiale molto estetico ma ha il vantaggio che permette di controllare facilmente l’aspetto delle deiezioni. È il materiale consigliato durante la quarantena e durante il trattamento dell’infestazione da acari. Materiali con proprietà analoghe sono rappresentati da pezzi di moquette o di erba finta, molto facili da sostituire con pezzi puliti e che dopo lavaggio e disinfezione possono essere riutilizzati.
La segatura e i trucioli sono più difficili da rimpiazzare; la zona in cui il serpente ha defecato va completamente asportata. Poiché questi materiali assorbono l’umidità, sono controindicati nei serpenti molto giovani perché possono causare disidratazione.
Il terriccio permettere di allestire un terrario dall’aspetto più naturale, ma è scomodo da sostituire e può veicolare batteri e parassiti. Lo stesso difetto lo presenta il tutolo di mais, che inoltre tende ad ammuffire rapidamente in presenza di umidità e va quindi sostituito, almeno parzialmente, ogni volta che il serpente sporca o spande dell’acqua. Corteccia, fibra di noce di cocco e materiali simili sono scarsamente assorbenti e se ingeriti accidentalmente sono pericolosi.
I substrati a base di calcio carbonato, anche se commercializzati come specifici per rettili, sono controindicati perché possono causare ostruzioni intestinali fatali se vengono ingeriti accidentalmente insieme alla preda.

Illuminazione

Il serpente deve essere soggetto ad un ciclo di illuminazione (fotoperiodo) di 14 ore di luce in estate, 10 ore di luce in inverno, 12 ore di luce in primavera e autunno. Si ritiene che un fotoperiodo adeguato sia indispensabile per prevenire i problemi di anoressia nei soggetti di cattura. Condizioni di fotoperiodo innaturale (ad esempio un’illuminazione continua anche di notte) causa uno stress eccessivo al rettile, con effetti negativi sullo stato di salute. Il pitone reale non ha bisogno di raggi UVB; per l’illuminazione è sufficiente una lampada fluorescente da terrario o anche una semplice lampadina per illuminazione.

Igiene

Mantenere un’accurata igiene nel terrario è fondamentale per la salute dei rettili. Le feci vanno eliminate subito; periodicamente si deve cambiare completamente il materiale di substrato e pulire a fondo il terrario. Come disinfettanti si possono usare il lisoformio o la varechina diluiti, da risciacquare con cura. Anche gli elementi di arredo, come nascondigli, rami o ripiani, devono essere lavati o sostituiti. La bacinella dell’acqua va tenuta particolarmente pulita: va lavata almeno una volta al giorno, ma se il serpente vi defeca dentro la pulizia va effettuata subito.

Distinzione dei sessi

I serpenti possiedono due organi copulatori, detti emipeni, posti alla base della coda, ai lati della cloaca. Nelle femmine ovviamente questi organi sono assenti, ma nella stessa posizione presentano un paio di ghiandole odorifere. Per capire di che sesso è il serpente viene inserita una sonda nell’apertura corrispondente allo sbocco dell’emipene o della ghiandola odorifera. La profondità con cui la sonda penetra (maggiore nel maschio rispetto alla femmina) permette di distinguere il sesso. Questa tecnica richiede delicatezza ed esperienza per cui va lasciata a veterinari o allevatori esperti.

Alimentazione

L’apparato digerente dei serpenti è semplice e relativamente corto, perciò hanno bisogno di consumare prede di elevata qualità che permettano un adeguato assorbimento degli elementi nutritivi. Pertanto i roditori che vengono offerti come preda devono essere allevati e nutriti adeguatamente, con una dieta sana e variata, e non ad esempio solamente con miscele di semi o con crocchette per cani e gatti, cibi ricchi di grassi che predispongono a problemi di obesità sia il roditore che il suo predatore.
I serpenti devono essere abituati ad accettare esclusivamente prede morte, non solo per motivi etici, ma anche perché i roditori vivi possono rappresentare un serio pericolo per il rettile.
L’alimento è in genere costituito da topi o ratti, a seconda della taglia del serpente. Alcuni pitoni preferiscono gerbilli o criceti. La preda deve essere messa a disposizione di sera o di notte. Nel caso di una preda viva, se il pitone non mostra interesse va rimossa entro 15 minuti, e comunque non va mai lasciata nel terrario senza supervisione.
I soggetti di cattura possono presentare periodi di anoressia della durata anche di molti mesi, che possono avere diverse cause (temperatura inadeguata, tipo di preda inadatto, preda di dimensioni eccessive, disidratazione, stress, malattie). Se il pitone non accetta topi o ratti si può tentare di offrire dei gerbilli, più simili alle prede naturali. In caso di digiuno ostinato è bene far visitare il rettile entro un paio di mesi dall’ultimo pasto.
Si deve sempre lasciare a disposizione un grande recipiente d’acqua, in cui il pitone non solo beve ma ama anche immergersi. Il pitone reale spesso emette le feci quando è a mollo nell’acqua, pertanto questa va tenuta scrupolosamente pulita cambiandola appena è sporca.

Come si maneggia

Il serpente reale solitamente è docile; se spaventato preferisce appallottolarsi nascondendo la testa piuttosto che mordere. Va maneggiato con delicatezza, senza stringerlo eccessivamente perché si possono causare traumi ai tessuti. Per tenerlo fermo una mano trattiene il collo dietro la testa, l’altra sorregge il corpo. Una presa più morbida consiste nel sorreggere semplicemente il corpo e lasciare che il serpente passi continuamente da una mano all’altra, dandogli la sensazione di essere libero. Non si deve mai sospendere per la testa o strattonarla, perché si rischia di dislocare la prima vertebra.
Se possibile, non si deve mai maneggiare durante la muta perché la pelle è particolarmente delicata, né per le 48 successive al pasto per evitare il rigurgito della preda.

Quarantena

I serpenti possono essere portatori di molte malattie e infestazioni parassitarie facilmente trasmissibili ad altri soggetti. Quando si acquista un nuovo rettile è di fondamentale importanza non solo sottoporlo subito ad un’accurata visita veterinaria, ma tenerlo completamente isolato da altri serpenti che già si possiedono, instaurando un periodo di quarantena più lungo possibile (idealmente di sei mesi). Durante la quarantena il serpente va alloggiato in una stanza diversa da quella che ospita gli altri terrari e dopo averlo accudito ci si deve lavare le mani con cura prima di occuparsi degli altri rettili. Gli oggetti (o le prede) presenti nel terrario del nuovo ospite non devono essere passati in altri terrari.

Legislazione

Il pitone reale è elencato in Appendice II CITES. Al momento dell’acquisto, oltre alla ricevuta il venditore deve rilasciare un documento in cui sono riportati gli estremi del documento CITES.

Lampropeltis spp. (kingsnake e milksnake)

Il genere Lampropeltis comprende circa 8 specie e numerose sottospecie (la classificazione è incerta), che presentano notevoli variazioni di colorazione, anche nell’ambito della stessa sottospecie. Le specie riconosciute sono:

  • Lampropeltis alterna

  • Lampropeltis calligaster

  • Lampropeltis getula

  • Lampropeltis mexicana

  • Lampropeltis pyromelana

  • Lampropeltis ruthveni

  • Lampropeltis triangulum

  • Lampropeltis zonata

La zona di origine è molto vasta, trattandosi di numerose specie: dal sud del Canada all’America centrale e parte del Sud America. L’habitat è molto vario, dalle foreste ai campi coltivati ai deserti.

Si tratta di serpenti costrittori (uccidono la preda soffocandola tra le spire), che in natura si alimentano di anfibi, rettili (anche serpenti a sonagli), uccelli, piccoli mammiferi. Sono crepuscolari e notturni.
I serpenti del genere Lampropeltis sono ovipari. In cattività vengono allevati e riprodotti facilmente e ne sono state prodotte numerose variazioni di colore. Sono rettili da terrario popolari per la bellezza, la robustezza, la docilità, la capacità di adattarsi alla cattività. Sono relativamente semplici da allevare e quindi adatti anche ai principianti.
Le dimensioni vanno dai 20-32 cm dei neonati ai 90-210 cm degli adulti, a seconda della specie. La longevità può superare i 20 anni.

Il terrario

Il terrario in cui viene tenuto il rettile deve replicare, per quanto possibile, il suo habitat naturale, cosa sempre impossibile da fare in modo perfetto in un ambiente tanto ristretto. L’allestimento deve essere tale da non complicare le operazioni di pulizia, che se diventano troppo impegnative rischiano di essere rimandate con conseguenze deleterie per l’igiene.
I serpenti vanno alloggiati in terrari a prova di fuga, con le pareti lisce, facili da pulire e disinfettare; i materiali più usati sono il vetro, il plexiglas, la plastica e la fibra di vetro. La teca deve essere sufficientemente ampia da permettere al rettile di fare una certa attività e abbastanza alta da contenere dei rami ben fissati.
All’interno del terrario vanno collocati dei nascondigli, ad esempio vasi di coccio o scatole con un’apertura o tronchi cavi. I nascondigli sono indispensabili per il benessere dell’animale perché gli forniscono un senso di sicurezza e riducono lo stress.
I serpenti, tranne che nel caso dell’accoppiamento, vanno sempre tenuti singolarmente nel terrario, poiché l’aggressione reciproca è un evento frequente e può portare a serie lesioni; inoltre, uno dei due serpenti può finire per mangiare l’altro.
Si deve evitare di lasciare il rettile libero di girare per casa perché ciò lo espone a numerosi pericoli (ad esempi di perdersi o di venire schiacciato), a condizioni ambientali inadeguate per quanto riguarda temperatura e umidità, e perchè non è una buona pratica igienica.

Temperatura

Poiché i rettili regolano la loro temperatura corporea utilizzando fonti esterne di calore, si deve porre nel terrario una fonte di riscaldamento. La temperatura del terrario non deve essere uniforme ma presentare una variazione, detta gradiente, da un estremo all’altro. In questo modo il serpente, spostandosi da una zona all’altra del terrario, può regolare la propria temperatura corporea in modo da scegliere quella ottimale.
In generale nei Lampropeltis spp. la temperatura diurna deve variare entro un range di 24-30°C; di notte la temperatura va ridotta a 20-22°C.
Il gradiente di temperatura va controllato con l’uso di termometri e termostati. Se la temperatura è troppo elevata il serpente può morire in pochi minuti per ipertermia. Temperature troppo basse non permettono al rettile di sostenere le attività metaboliche, come la digestione e la funzionalità del sistema immunitario, causando anoressia e malattie.

Il metodo migliore per riscaldare il terrario consiste nell’utilizzo di lampade ad infrarossi, che imitano l’azione di riscaldamento del sole. È importante che la fonte di calore sia posta all’esterno del terrario, in modo che il rettile non ne possa venire a contatto. I serpenti sembrano incapaci di avvertire il dolore causato da temperature eccessive e se ne hanno la possibilità possono avvolgersi intorno ad una lampadina incandescente fino a ustionarsi gravemente. Si ottenere un’adeguata temperatura variando il wattaggio della lampada, la distanza dal terrario ed eventualmente impiegando più lampade. I sistemi di riscaldamento vanno sempre utilizzati insieme ad un termostato (di ottima qualità) che ne regoli la temperatura. Un surriscaldamento accidentale all’interno del terrario, anche solo per pochi minuti, può causare la morte del suo abitante.
Da evitare assolutamente sono le cosiddette “rocce calde”, apparati di riscaldamento simili a un pezzo di roccia, naturale o artificiale, contenenti all’interno una resistenza elettrica e da collegare alla presa di corrente. Si suppone che il rettile, quando ha bisogno di riscaldarsi, vi si sdrai sopra. Questi oggetti sono di per sé molto pericolosi perché causano ustioni con elevata frequenza, sia per problemi di malfunzionamento, sia perché il contatto prolungato con il tempo ustiona i tessuti anche se la temperatura prodotta non è di per sé eccessiva. Il tempo di contatto, infatti, è altrettanto importante della temperatura assoluta nel provocare ustioni.

Umidità e aerazione

L’umidità è un altro fattore essenziale per la salute del rettile e deve essere del 30-70%. In condizioni di umidità troppo bassa il serpente è soggetto a disidratazione (che danneggia la funzione renale) e a problemi di muta. Se l’umidità è troppo alta si possono verificare macerazioni e infezioni della cute. Per verificare il livello di umidità presente nel terrario è necessario utilizzare un apposito strumento detto igrometro, comunemente in vendita nei negozi per rettili o in quelli per bricolage. Se è necessario aumentare l’umidità si può spruzzare di frequente dell’acqua, oppure si può collocare il recipiente dell’acqua sotto la lampada riscaldante.
Nel terrario ci deve essere un buon ricambio d’aria, assicurato da griglie di ventilazione poste una in basso e una in alto su due pareti opposte.

Substrato

Il materiale usato sul fondo del terrario può avere una notevole importanza per la salute e va scelto con attenzione. Il tipo di materiale più economico e facile da sostituire è rappresentato dalla carta (giornali vecchi, carta da pacchi…); non è un materiale molto estetico ma permette di controllare facilmente l’aspetto delle deiezioni. È il materiale consigliato durante la quarantena e durante il trattamento dell’infestazione da acari. Materiali con proprietà analoghe sono rappresentati da pezzi di moquette o di erba finta, molto facili da sostituire con pezzi puliti e che dopo lavaggio e disinfezione possono essere riutilizzati.
La segatura e i trucioli sono più difficili da rimpiazzare; la zona in cui il serpente ha defecato va completamente asportata. Poiché questi materiali assorbono l’umidità, sono controindicati nei serpenti molto giovani perché possono causare disidratazione.
Il terriccio permettere di allestire un terrario dall’aspetto più naturale, ma è scomodo da sostituire e può veicolare batteri e parassiti. Lo stesso difetto lo presenta il tutolo di mais, che inoltre tende ad ammuffire rapidamente in presenza di umidità e va quindi sostituito, almeno parzialmente, ogni volta che il serpente sporca o spande dell’acqua. Corteccia, fibra di noce di cocco e materiali simili sono scarsamente assorbenti e se ingeriti accidentalmente sono pericolosi.
I substrati a base di calcio carbonato, anche se commercializzati come specifici per rettili, sono controindicati perché possono causare ostruzioni intestinali fatali se vengono ingeriti accidentalmente insieme alla preda.

Illuminazione

Il serpente deve essere soggetto ad un ciclo di illuminazione (fotoperiodo) di 12 ore di luce e 12 di buio (tranne nei casi in cui si voglia riprodurre, nel qual caso si deve imitare il ciclo luce-buio proprio della stagione). Condizioni di fotoperiodo innaturale (ad esempio un’illuminazione continua anche di notte) causano uno stress eccessivo al rettile, con effetti negativi sullo stato di salute.
Oltre alle lampade usate per riscaldare il terrario (che possono anche non emettere luce, come le lampade di ceramica) è utile collocare nel terrario lampade a spettro completo, che emettono radiazioni ultraviolette invisibili all’occhio umano ma non a quelle dei rettili, e che mimano la luce solare. Queste lampade apportano notevoli benefici alla salute del rettile, simulando condizioni naturali e stimolando normali comportamenti alimentari; sono inoltre particolarmente importanti nei programmi di riproduzione. Poiché il vetro blocca quasi completamente le radiazioni ultraviolette queste lampade vanno collocate all’interno del terrario, e non fuori del coperchio, a meno che non si utilizzi un coperchio con una griglia. I serpenti non hanno bisogno di ricevere radiazioni UVB per sintetizzare la vitamina D, ma sembra che lampade a spettro completo siano comunque di beneficio.

Igiene

Mantenere un’accurata igiene nel terrario è fondamentale per la salute dei rettili. Le feci vanno eliminate subito; periodicamente si deve cambiare completamente il materiale di substrato e pulire a fondo il terrario. Come disinfettanti si possono usare il lisoformio o la varechina diluiti, da risciacquare con cura. Anche gli elementi di arredo, come nascondigli, rami o ripiani, devono essere lavati o sostituiti. La bacinella dell’acqua va tenuta particolarmente pulita: va lavata almeno una volta al giorno, ma se il serpente vi defeca dentro la pulizia va effettuata subito.

Quarantena

I serpenti possono essere portatori di molte malattie e infestazioni parassitarie facilmente trasmissibili ad altri soggetti. Quando si acquista un nuovo rettile è di fondamentale importanza non solo sottoporlo subito ad un’accurata visita veterinaria, ma tenerlo completamente isolato da altri serpenti che già si possiedono, instaurando un periodo di quarantena più lungo possibile (idealmente di sei mesi). Durante la quarantena il serpente va alloggiato in una stanza diversa da quella che ospita gli altri terrari e dopo averlo accudito ci si deve lavare le mani con cura prima di occuparsi degli altri rettili. Gli oggetti (o le prede) presenti nel terrario del nuovo ospite non devono essere passati in altri terrari.

Distinzione dei sessi

I serpenti possiedono due organi copulatori, detti emipeni, posti alla base della coda, ai lati della cloaca. Nelle femmine ovviamente questi organi sono assenti, ma nella stessa posizione presentano un paio di ghiandole odorifere. Per capire di che sesso è il serpente viene inserita una sonda nell’apertura corrispondente allo sbocco dell’emipene o della ghiandola odorifera. La profondità con cui la sonda penetra (maggiore nel maschio rispetto alla femmina) permette di distinguere il sesso. Questa tecnica richiede delicatezza ed esperienza per cui va lasciata a veterinari o allevatori esperti.

Alimentazione

L’apparato digerente dei serpenti è semplice e relativamente corto, perciò hanno bisogno di consumare prede di elevata qualità che permettano un adeguato assorbimento degli elementi nutritivi. Pertanto i roditori che vengono offerti come preda devono essere allevati e nutriti adeguatamente, con una dieta sana e variata, e non ad esempio solamente con miscele di semi o con crocchette per cani e gatti, cibi ricchi di grassi che predispongono a problemi di obesità sia il roditore che il suo predatore.
In cattività l’alimentazione dei Lampropeltis spp. si basa sulla somministrazione di topi: 1-2 alla settimana agli adulti. I soggetti neonati riceveranno topini neonati, aumentando man mano le dimensioni della preda. La dimensione massima della preda deve essere una volta e mezza quella della parte più spessa del serpente; prede di dimensioni eccessive vengono facilmente rigurgitate.
A volte si osserva una diminuzione spontanea dell’assunzione di alimento in autunno – inverno.
I serpenti devono essere abituati ad accettare esclusivamente prede morte, non solo per motivi etici, ma anche perché i roditori vivi possono rappresentare un serio pericolo per il rettile. I serpenti si basano principalmente sull’olfatto per la ricerca della preda, pertanto si adattano facilmente a consumare roditori già uccisi. I serpenti in cattività vanno spesso incontro a problemi di obesità, con conseguenti danni per la salute. La somministrazione del cibo deve quindi essere ridotta se il serpente appare troppo grasso, evitando di fornire roditori a loro volta eccessivamente grassi.
I serpenti devono sempre avere a disposizione un grande recipiente d’acqua, in cui amano immergersi e defecare. L’acqua deve essere tenuta scrupolosamente pulita, cambiandola tutti i giorni e subito dopo che è stata contaminata con le feci. Il bagno è anche utile per aiutare la muta e a stimolare l’apparato digerente.

Come si maneggiano

Questi serpenti sono solitamente docili e mordono molto raramente. Vanno maneggiati con delicatezza, senza stringerli eccessivamente perché si possono causare traumi ai tessuti. Per tenerli fermi una mano trattiene il collo dietro la testa, l’altra sorregge il corpo. Una presa più morbida consiste nel sorreggere semplicemente il corpo e lasciare che il serpente passi continuamente da una mano all’altra, dandogli la sensazione di essere libero.
Non si devono mai sospendere per la testa o strattonarla, perché si rischia di dislocare la prima vertebra cervicale.
Se possibile, non si devono mai maneggiare durante la muta perché la pelle è particolarmente delicata, né per le 48 successive al pasto per evitare il rigurgito della preda.

Elaphe guttata – serpente del grano

Questo serpente è molto popolare come animale da terrario, per la facilità di allevamento, la bellezza e la notevole variabilità di colorazione che presenta. Inoltre è solitamente docile e adattabile alla cattività.
La zona di origine è rappresentata dagli USA meridionali fino a nord-est del Messico. E’ un rettile ad attività notturna – crepuscolare. L’alimentazione in natura si basa su piccoli rettili e anfibi, roditori, pipistrelli e uccelli. È un serpente costrittore che uccide la preda soffocandolo tra le spire.
La vita media è di 15-20 anni (ma potenzialmente può vivere fino a 35). Le dimensioni vanno dai 15 cm dei piccoli fino ai 70-150 cm degli adulti. E’ oviparo e si riproduce facilmente in cattività. L’accoppiamento si verifica in primavera e circa un mese dopo vengono deposte 12-14 uova. In natura l’incubazione richiede circa 10 settimane. Il tasso di crescita dipende dall’alimentazione; in media la taglia adulta viene raggiunta in due anni.

Il terrario

Il terrario in cui viene tenuto il rettile deve replicare, per quanto possibile, il suo habitat naturale, cosa sempre impossibile da fare in modo perfetto in un ambiente tanto ristretto. L’allestimento deve essere tale da non complicare le operazioni di pulizia, che se diventano troppo impegnative rischiano di essere rimandate con conseguenze deleterie per l’igiene.
I serpenti vanno alloggiati in terrari a prova di fuga, con le pareti lisce, facili da pulire e disinfettare; i materiali più usati sono il vetro, il plexiglas, la plastica e la fibra di vetro. La teca deve essere sufficientemente ampia da permettere al rettile di fare una certa attività e abbastanza alta da contenere dei rami ben fissati.
All’interno del terrario vanno collocati dei nascondigli, ad esempio vasi di coccio o scatole con un’apertura o tronchi cavi. I nascondigli sono indispensabili per il benessere dell’animale perché gli forniscono un senso di sicurezza e riducono lo stress.
I serpenti, tranne che nel caso dell’accoppiamento, vanno sempre tenuti singolarmente nel terrario, poiché l’aggressione reciproca è un evento frequente e può portare a serie lesioni.
Si deve evitare di lasciare il rettile libero di girare per casa perché ciò lo espone a numerosi pericoli (ad esempio di perdersi o di venire schiacciato), a condizioni ambientali inadeguate per quanto riguarda temperatura e umidità, e perchè non è una buona pratica igienica.

Temperatura

Poiché i rettili regolano la loro temperatura corporea utilizzando fonti esterne di calore, si deve porre nel terrario una fonte di riscaldamento. La temperatura del terrario non deve essere uniforme ma presentare una variazione, detta gradiente, da un estremo all’altro. In questo modo il serpente, spostandosi da una zona all’altra del terrario, può regolare la propria temperatura corporea in modo da scegliere quella ottimale.

Elaphe guttata richiede una temperatura che vari da 26-29°C nell’estremità più calda a 21-24°C in quella più fresca, con una lieve riduzione di notte. Il gradiente di temperatura va controllato con l’uso di termometri e termostati. Se la temperatura è troppo elevata il serpente può morire in pochi minuti per ipertermia. Temperature troppo basse non permettono al rettile di sostenere le attività metaboliche, come la digestione e la funzionalità del sistema immunitario, causando anoressia e malattie.

Il metodo migliore per riscaldare il terrario consiste nell’utilizzo di lampade ad infrarossi, che imitano l’azione di riscaldamento del sole. È importante che la fonte di calore sia posta all’esterno del terrario, in modo che il rettile non ne possa venire a contatto. I serpenti sembrano incapaci di avvertire il dolore causato da temperature eccessive e se ne hanno la possibilità possono avvolgersi intorno ad una lampadina incandescente fino a ustionarsi gravemente. Si ottenere un’adeguata temperatura variando il wattaggio della lampada, la sua distanza dal terrario ed eventualmente impiegando più lampade. I sistemi di riscaldamento vanno sempre utilizzati insieme ad un termostato (di ottima qualità) che ne regoli la temperatura. Un surriscaldamento accidentale all’interno del terrario, anche solo per pochi minuti, può causare la morte del suo occupante.

Da evitare assolutamente sono le cosiddette “rocce calde”, apparati di riscaldamento simili a un pezzo di roccia, naturale o artificiale, contenenti all’interno una resistenza elettrica e da collegare alla presa di corrente. Si suppone che il rettile, quando ha bisogno di riscaldarsi, vi si sdrai sopra. Questi oggetti sono di per sé molto pericolosi perché causano ustioni con elevata frequenza, sia per problemi di malfunzionamento, sia perché il contatto prolungato con il tempo ustiona i tessuti anche se la temperatura prodotta non è di per sé eccessiva. Il tempo di contatto, infatti, è altrettanto importante della temperatura assoluta nel provocare ustioni.

Umidità e aerazione

L’umidità è un altro fattore essenziale per la salute del rettile e deve essere del 30-70%. In condizioni di umidità troppo bassa il serpente è soggetto a disidratazione (che danneggia la funzione renale) e a problemi di muta. Se l’umidità è troppo alta si possono verificare macerazioni e infezioni della cute. Per verificare il livello di umidità presente nel terrario è necessario utilizzare un apposito strumento detto igrometro, comunemente in vendita nei negozi per rettili o in quelli per bricolage. Se è necessario aumentare l’umidità si può spruzzare di frequente dell’acqua, oppure si può collocare il recipiente dell’acqua sotto la lampada riscaldante.
Nel terrario ci deve essere un buon ricambio d’aria, assicurato da griglie di ventilazione poste in basso e in alto su due pareti opposte.

Substrato

Il materiale usato sul fondo del terrario può avere una notevole importanza per la salute e va scelto con attenzione. Il tipo di materiale più economico e facile da sostituire è rappresentato dalla carta (giornali vecchi, carta da pacchi…); non è un materiale molto estetico ma ha il vantaggio di permettere un facile controllo dell’aspetto delle deiezioni. È il materiale consigliato durante la quarantena e durante il trattamento dell’infestazione da acari. Materiali con proprietà analoghe sono rappresentati da pezzi di moquette o di erba finta, molto facili da sostituire con pezzi puliti e che dopo lavaggio e disinfezione possono essere riutilizzati.
La segatura e i trucioli sono più difficili da rimpiazzare; la zona in cui il serpente ha defecato va completamente asportata. Poiché questi materiali assorbono l’umidità, sono controindicati nei serpenti molto giovani perché possono causare disidratazione.
Il terriccio permettere di allestire un terrario dall’aspetto più naturale, ma è scomodo da sostituire e può veicolare batteri e parassiti. Lo stesso difetto lo presenta il tutolo di mais, che inoltre tende ad ammuffire rapidamente in presenza di umidità e va quindi sostituito, almeno parzialmente, ogni volta che il serpente sporca o spande dell’acqua. Corteccia, fibra di noce di cocco e materiali simili sono scarsamente assorbenti e se ingeriti accidentalmente sono pericolosi.
I substrati a base di calcio carbonato, anche se commercializzati come specifici per rettili, sono controindicati perché possono causare ostruzioni intestinali fatali se vengono ingeriti accidentalmente insieme alla preda.

Illuminazione

Il serpente deve essere soggetto ad un ciclo di illuminazione (fotoperiodo) di 12 ore di luce e 12 di buio (tranne nei casi in cui si voglia riprodurre, nel qual caso si deve imitare il ciclo luce-buio proprio della stagione). Condizioni di fotoperiodo innaturale (ad esempio un’illuminazione continua anche di notte) causano uno stress eccessivo al rettile, con effetti negativi sullo stato di salute.

Oltre alle lampade usate per riscaldare il terrario (che possono anche non emettere luce, come le lampade di ceramica) è utile collocare nel terrario lampade a spettro completo, che emettono radiazioni ultraviolette invisibili all’occhio umano ma non a quelle dei rettili, e che mimano la luce solare. Queste lampade apportano notevoli benefici alla salute del rettile, simulando condizioni naturali e stimolando normali comportamenti alimentari; sono inoltre particolarmente importanti nei programmi di riproduzione. Poiché il vetro blocca quasi completamente le radiazioni ultraviolette queste lampade vanno collocate all’interno del terrario, e non fuori del coperchio, a meno che non si utilizzi un coperchio con una griglia. I serpenti non hanno bisogno di ricevere radiazioni UVB per sintetizzare la vitamina D, ma sembra che lampade a spettro completo siano comunque di beneficio all’elafe.

Igiene

Mantenere un’accurata igiene nel terrario è fondamentale per la salute dei rettili. Le feci vanno eliminate subito; periodicamente si deve cambiare completamente il materiale di substrato e pulire a fondo il terrario. Come disinfettanti si possono usare il lisoformio o la varechina diluiti, da risciacquare con cura. Anche gli elementi di arredo, come nascondigli, rami o ripiani, devono essere lavati o sostituiti. La bacinella dell’acqua va tenuta particolarmente pulita: va lavata almeno una volta al giorno, ma se il serpente vi defeca dentro la pulizia va effettuata subito.

Quarantena

I serpenti possono essere portatori di molte malattie e infestazioni parassitarie facilmente trasmissibili ad altri soggetti. Quando si acquista un nuovo rettile è di fondamentale importanza non solo sottoporlo subito ad un’accurata visita veterinaria, ma tenerlo completamente isolato da altri serpenti che già si possiedono, instaurando un periodo di quarantena più lungo possibile (idealmente di sei mesi). Durante la quarantena il serpente va alloggiato in una stanza diversa da quella che ospita gli altri terrari e dopo averlo accudito ci si deve lavare le mani con cura prima di occuparsi degli altri rettili. Gli oggetti (o le prede) presenti nel terrario del nuovo ospite non devono essere passati in altri terrari.

Distinzione dei sessi

I serpenti possiedono due organi copulatori, detti emipeni, posti alla base della coda, ai lati della cloaca. Nelle femmine ovviamente questi organi sono assenti, ma nella stessa posizione presentano un paio di ghiandole odorifere. Per capire di che sesso è il serpente viene inserita una sonda nell’apertura corrispondente allo sbocco dell’emipene o della ghiandola odorifera. La profondità con cui la sonda penetra (maggiore nel maschio rispetto alla femmina) permette di distinguere il sesso. Questa tecnica richiede delicatezza ed esperienza per cui va lasciata a veterinari o allevatori esperti.

Alimentazione

L’apparato digerente dei serpenti è semplice e relativamente corto, perciò hanno bisogno di consumare prede di elevata qualità che permettano un adeguato assorbimento degli elementi nutritivi. Pertanto i roditori che vengono offerti come preda devono essere allevati e nutriti adeguatamente, con una dieta sana e variata, e non ad esempio solamente con miscele di semi o con crocchette per cani e gatti, cibi ricchi di grassi che predispongono a problemi di obesità sia il roditore che il suo predatore.
Ai serpenti neonati si somministrano topini neonati (ogni 5-7 giorni), aumentando man mano le dimensioni della preda, fino a offrire topi adulti ai soggetti completamente cresciuti, ogni 1-2 settimane.
I serpenti devono essere abituati ad accettare esclusivamente prede morte, non solo per motivi etici, ma anche perché i roditori vivi possono rappresentare un serio pericolo per il rettile. I serpenti si basano principalmente sull’olfatto per la ricerca della preda, pertanto si adattano facilmente a consumare roditori già uccisi.
I serpenti in cattività vanno spesso incontro a problemi di obesità, con conseguenti danni per la salute. La somministrazione del cibo deve quindi essere ridotta se il serpente appare troppo grasso, evitando di fornire roditori a loro volta eccessivamente grassi.
Dopo il pasto il serpente non deve essere maneggiato per 48, se possibile, o stressato in alcun modo, per evitare che rigurgiti il pasto.
I serpenti devono sempre avere a disposizione un grande recipiente d’acqua, in cui amano immergersi e defecare. L’acqua deve essere tenuta scrupolosamente pulita, cambiandola tutti i giorni e subito dopo che è stata contaminata con le feci. Il bagno è anche utile per aiutare la muta e a stimolare l’apparato digerente.

Come si maneggiano

Questi serpenti sono solitamente docili e mordono molto raramente. Vanno maneggiati con delicatezza, senza stringerli eccessivamente perché si possono causare traumi ai tessuti. Per tenerli fermi una mano trattiene il collo dietro la testa, l’altra sorregge il corpo. Una presa più morbida consiste nel sorreggere semplicemente il corpo e lasciare che il serpente passi continuamente da una mano all’altra, dandogli la sensazione di essere libero. Non si devono mai sospendere per la testa o strattonarla, perché si rischia di dislocare la prima vertebra. Se possibile, non si devono mai maneggiare durante la muta perché la pelle è particolarmente delicata, né per le 48 successive al pasto per evitare il rigurgito della preda.

Physignathus cocincinus – Fisignato

Questo sauro, detto anche drago d’acqua cinese, origina dalle foreste di Tailandia, Indocina e parte della Cina. E’ attivo di giorno, e passa gran parte del tempo sugli alberi. Vive soprattutto nei pressi di corsi d’acqua e quando si sente minacciato si lancia nell’acqua, dove si trova perfettamente a suo agio essendo un abile nuotatore. Se necessario, è in grado di resistere sott’acqua fino a 25 minuti.
Il drago d’acqua cinese è prevalentemente insettivoro. Oltre che di insetti occasionalmente si nutre anche pesci, rettili o mammiferi di piccola taglia. La lunghezza alla nascita è di 13-15 cm (coda compresa), mentre gli adulti arrivano a 60-90 cm (i maschi raggiungono una taglia maggiore delle femmine). La maggior parte della lunghezza è rappresentata dalla coda.
La longevità potenzialmente è di 20 anni, ma in cattività la mortalità è elevata se non vengono fornite le condizioni ambientali adeguate.

Allevamento

Il fisignato è docile e morde raramente; inoltre da adulto ha una taglia meno impegnativa dell’iguana verde, ma è piuttosto attivo e richiede comunque un terrario spazioso. Il terrario deve replicare, per quanto possibile, l’habitat naturale, cosa sempre impossibile da fare in modo perfetto in un ambiente tanto ristretto. L’allestimento deve essere tale da non complicare le operazioni di pulizia, che se diventano troppo impegnative rischiano di essere rimandate con conseguenze deleterie per l’igiene.

Il terrario deve essere quanto più ampio possibile, a prova di fuga, con le pareti lisce, facili da pulire e disinfettare; i materiali più usati sono il vetro, il plexiglas, la plastica e la fibra di vetro. Le pareti laterali, quella posteriore e la parte inferiore della parete frontale devono essere rese opache, in modo che il rettile percepisca la presenza di un ostacolo e non si provochi lesioni al rostro (la parte anteriore del muso) nel tentativo continuo di fuggire. Il terrario deve essere abbastanza alto da contenere robusti rami ben fissati.

Poiché i rettili regolano la loro temperatura corporea utilizzando fonti esterne di calore, si deve porre nel terrario una fonte di riscaldamento. La temperatura del terrario non deve essere uniforme ma presentare una variazione, detta gradiente, da un estremo all’altro. In questo modo il fisignato, spostandosi da una zona all’altra del terrario, può regolare la propria temperatura corporea in modo da scegliere quella ottimale. La temperatura deve presentare un gradiente sia in senso verticale che orizzontale, cosa che si ottiene ponendo la fonte di calore in alto, ad un’estremità del terrario. Se il terrario è troppo piccolo si riscalderà in modo uniforme e non permetterà di raggiungere un sufficiente gradiente, mentre un terrario molto grande può richiedere fonti di calore supplementari (ad es. più lampade, oppure pannelli riscaldanti o materassini, posti al di fuori del terrario). La temperatura diurna deve essere di 29-31°C, con un punto caldo localizzato di 33,5°C; la temperatura notturna deve scendere a 24-26,5°C.

Il terrario deve essere riscaldato con una fonte di calore dall’alto, ad imitazione del calore del sole. Si possono impiegare a questo scopo normali lampadine, oppure lampada a luce infrarossa o lampade di ceramica che emettono calore ma non luce, e che possono quindi essere lasciate accese anche di notte, senza disturbare il sonno del rettile.
I sistemi di riscaldamento posti direttamente sul fondo del terrario, come le cosiddette “rocce calde” sono controindicati. Rappresentano un metodo di riscaldamento non fisiologico e soprattutto rappresentano una frequente causa di ustioni. Anche le lampadine riscaldanti devono essere collocate in modo da evitare il contatto diretto e la possibilità di ustioni.

Per il benessere dell’animale è necessaria una luce al neon a spettro completo (che imita la luce solare), ed è indispensabile una lampada UVB (che permette la sintesi di vitamina D, senza la quale il rettile non potrebbe assimilare il calcio, andando incontro a decalcificazione e morte). Il fotoperiodo deve essere di 12 ore di luce e di 12 di buio.
Se possibile, il fisignato va esposto alla luce solare diretta, che è di grandissimo beneficio per la sintesi della vitamina D3 e la prevenzione dei problemi di decalcificazione, prestando però molta attenzione a proteggerlo dai colpi di calore e dalla possibilità di fuga.

I fisignati amano immergersi in acqua, pertanto nel terrario si deve porre una bacinella abbastanza ampia da contenere tutto il rettile. È indispensabile che l’acqua sia tenuta sempre molto pulita, cambiandola tutti i giorni o comunque appena il fisignato vi ha fatto i bisogni dentro, cosa che avviene di frequente.

L’umidità all’interno del terrario è un fattore di fondamentale importanza per il benessere del rettile, anche se troppo spesso trascurato. Per il fisignato l’umidità ideale si aggira intorno al 80%. Per mantenerla così elevata si deve spruzzare spesso dell’acqua all’interno. È anche possibile porre la vasca dell’acqua direttamente sotto la lampada riscaldante, oppure sistemare sotto il pavimento del terrario, in corrispondenza della vaschetta, un materassino o un cavetto riscaldante, che favorisca l’evaporazione dell’acqua. È possibile utilizzare un umidificatore. Se l’umidità è troppo bassa si osservano spesso problemi di muta, con ritenzione di pezzi di pelle che possono causare la perdita delle dita o di parte della coda, per ostacolo al circolo sanguigno. La disidratazione cronica inoltre porta a problemi renali, causando insufficienza renale.

Indispensabili accessori del terrario sono un paio di termometri (uno posto sul punto più caldo e uno sul punto più fresco del terrario, per monitorare il range di temperatura) e un igrometro, che verifichi il livello di umidità.

Alimentazione

I giovani vanno alimentati tutti i giorni, mentre gli adulti ogni 2-3 giorni. La dieta in cattività dovrà essere variata; si possono somministrare topi adulti, pesciolini, quaglie di un giorno, lombrichi e insetti; si può lasciare a disposizione un’insalata di verdura e frutta miste, simile a quella che si prepara per l’iguana verde, anche se non sempre viene consumata. I piccoli sono invece insettivori, e si devono fornire insetti di diverso tipo (grilli, camole, tarme, lombrichi, ecc.) e topini neonati. Sia agli adulti che ai giovani si integrerà la dieta con dei preparati minerali vitaminici e con calcio carbonato.

Gekko gecko, il geco tokay

Il geco tokay origina dalle foreste pluviali dell’Asia sudorientale (India, Indocina e Nuova Guinea). È un sauro arboricolo, notturno, oviparo; si nutre di insetti e piccoli vertebrati.

Il geco tokay come pet

Questo sauro è relativamente robusto e adattabile alla cattività, poco costoso, facile da mantenere in terrario; tuttavia è eccezionalmente aggressivo e non esita ad attaccare la mano che gli si avvicina. Quando morde tende a mantenere la presa, e possiede denti affilati che causano lesioni dolorose, specialmente nel caso dei maschi adulti. Anche con il tempo, questi rettili raramente si abituano ad essere maneggiati; i gechi tokay docili sono molto rari. È più facile che si addomestichino i soggetti molto giovani, se maneggiati con regolarità e delicatezza. Richiedono quindi una certa esperienza e non sono adatti ai bambini. Chi desidera un geco da maneggiare deve preferibilmente orientarsi su altre specie, come il geco leopardo.

Caratteristiche fisiche

Il geco tokay è uno dei più bei sauri del mondo. La lunghezza totale del maschio è di circa 30-40 cm e quella della femmina di 20-30 cm; i neonati sono lunghi 9-10 cm. I maschi raggiungono la taglia massima a 2 anni. La testa è grande, con mandibole robuste; gli occhi sono sporgenti con una pupilla verticale, che in presenza di luce intensa si restringe fino a lasciare solo una serie di piccoli fori. Non sono presenti palpebre mobili: l’occhio è coperto da un occhiale trasparente che lo protegge, e che viene cambiato regolarmente insieme alla cute durante la muta. Ai lati della testa, posteriormente agli occhi, sono presenti due fessure che rappresentano l’apertura del breve condotto uditivo, in fondo al quale si può osservare il timpano. La bocca è grande e dotata di piccoli denti affilati.

Il colore della pelle è di diverse sfumature di grigio o grigio-azzurro, con piccole macchie diffuse di un colore che va dal rosso al giallo; i maschi hanno una colorazione più vivace delle femmine. In commercio si trovano soggetti con numerose variazioni e sfumature di colore rispetto al colore originale. I gechi tokay possono variare leggermente la loro colorazione secondo la temperatura ambientale. Le dita presentano sulla superficie inferiore dei polpastrelli allargati che presentano una serie di lamelle con eccezionali proprietà adesive, che permettono ai gechi tokay di arrampicarsi su superficie perfettamente lisce come il vetro e di camminare sul soffitto o sulla volta del terrario. Come altre specie di sauri, il geco tokay è in grado di perdere volontariamente la coda se viene aggredito o afferrato per la coda, come meccanismo di difesa. La coda successivamente ricresce, anche se con un aspetto leggermente diverso.
Questi gechi hanno la caratteristica, insolita tra i sauri, di emettere una varietà di forti suoni. I vocalizzi vengono anche usati come richiamo per le femmine e nel corteggiamento.
La vita media è di 7-10 anni, anche se in cattività possono superare i 20 anni.

Acquisto

La maggior parte dei gechi tokay in vendita sono di cattura, ma è preferibile evitare di acquistare questi soggetti. Gli animali di cattura sono spesso stressati perché hanno subito i gravi disagi della cattura e di un lungo viaggio in condizioni molto difficili, sono quindi disidratati, debilitati e immunodepressi e facilmente soggetti a malattie. Hanno spesso una notevole carica parassitaria che li debilita e possono avere difficoltà ad ambientarsi alla vita reclusa del terrario. Vi sono anche importanti considerazioni di tipo etico, perché la cattura degli animali selvatici causa il declino della specie in natura, e non è giusto strappare degli animali al loro ambiente naturale. I soggetti nati in cattività sono invece molto più adattabili e robusti. Informiamoci quindi sull’origine degli animali prima di acquistarli.

È preferibile scegliere soggetti molto giovani, se si vuole avere una minima possibilità di abituarli al contatto umano (sebbene questi rettili non amino affatto essere manipolati). Non dobbiamo affrettarci a comprare il primo geco che vediamo, ma visitare più negozi per essere sicuri di individuare i soggetti migliori, nutriti e allevati nel modo più idoneo. Gli animali devono essere alloggiati in modo adeguato, non ammassati in una teca sporca di deiezioni. Controllate che il geco sia in buono stato di nutrizione (non si devono vedere sporgere le ossa, soprattutto a livello del bacino) e che non abbia ferite o croste; non deve avere la cloaca imbrattata di feci e deve essere sveglio e all’erta. L’atteggiamento normale di questi rettili, quando vengono afferrati o anche solo avvicinati, è di spalancare la bocca per aggredire, in tal modo è possibile osservare l’interno della cavità orale e verificare che non vi siano pus, tumefazioni o alterazioni della lingua.

Scelto il soggetto, è importante farlo vedere subito da un veterinario esperto in rettili e far fare un esame delle feci prima possibile, per verificare l’eventuale presenza di parassiti intestinali, e se necessario farlo trattare.

È sconsigliabile tenere dei rettili se non vi è un veterinario esperto in rettili ad una ragionevole distanza, a cui rivolgersi in caso di necessità o per i periodici controlli.

Il terrario

I gechi tokay sono rettili molto aggressivi, in particolare i maschi, pertanto un singolo terrario non potrà ospitare più di un maschio per volta; le femmine, invece, sono solitamente tolleranti alla reciproca presenza. Se il terrario è abbastanza spazioso, si potrà ospitare un maschio insieme a una-due femmine. L’introduzione del maschio alla femmina va effettuata ponendo i sauri contemporaneamente in un terrario nuovo per entrambi, oppure mettendo il maschio nel terrario della femmina.

Poiché il geco tokay è un sauro arboricolo, che ama arrampicarsi, il terrario dovrà essere maggiormente sviluppato in altezza (almeno un metro, ma preferibilmente più alto); ovviamente, maggiori saranno le dimensioni del terrario maggiore sarà il benessere del rettile che ospita. Il terrario può avere le pareti in vetro, materiale che ha il pregio di essere facile da pulire e resistente all’umidità. Poiché i gechi tokay non hanno alcuna difficoltà ad arrampicarsi sul vetro, il coperchio deve essere a prova di fuga. Si possono anche utilizzare terrari con apertura frontale. La parete posteriore e le due laterali vanno ricoperte dall’esterno con carta scura, per dare al geco una sensazione di maggior sicurezza.

All’interno del terrario vanno sistemati alcuni rami, ben fissati perché non cadano. Altri utili elementi di arredo sono le piante, vere o artificiali, che permettono al geco di nascondersi. Se si utilizzano piante vere, si può sistemare all’interno del terrario una lampada fluorescente per fornire luce alla vegetazione (da spegnere ovviamente durante la notte). Dei rifugi di corteccia di sughero posti sul fondo possono rappresentare ulteriori nascondigli dall’aspetto naturale.

Sul fondo si può disporre della corteccia a pezzetti, da vivaista, oppure, se non si desidera un materiale particolarmente naturalistico ma molto più pratico da pulire, dei fogli di giornale o di carta da pacchi. Materiali particolati molto fini, come sassolini, terriccio o simili, sono da evitare perché possono essere accidentalmente ingeriti e causare costipazione.

Umidità

Il geco tokay si adatta bene a un intervallo di umidità ambientale piuttosto vario, dal 40-all’80%, ma è preferibile attenersi ai livelli superiori. Per creare umidità all’interno del terrario si deve mantenere il substrato umido; in più il geco va nebulizzato con acqua almeno una volta al giorno, cosa che consente ai gechi di bere, perché preferiscono leccare le goccioline d’acqua che bere da un recipiente. Suo fondo del terrario si pone un recipiente d’acqua, con il bordo molto basso, di 10-15 cm di diametro, contenente qualche sassolino per impedire agli insetti che finiscono nel contenitore di annegare. Durante la muta è preferibile aumentare il tasso di umidità ai livelli superiori del range.

Per valutare con precisione l’umidità presente nel terrario è indispensabile l’uso di un igrometro.

Illuminazione

I gechi tokay sono notturni, pertanto non hanno bisogno di particolari sistemi di illuminazione, tantomeno di radiazioni UVA o UVB. La notte devono essere mantenuti al buio.

Temperatura

Come per l’umidità, questi sauri non hanno esigenze particolari neppure per la temperatura e si adattano ad un ampio range. L’intervallo ideale è di 24-30°C durante il giorno con una diminuzione a 18-26°C la notte. L’ideale è di avere un terrario sufficientemente ampio da poter creare un gradiente di temperatura, ponendo la fonte di calore a un’estremità. Il gradiente di calore può anche essere verticale, anziché orizzontale.

Il calore all’interno del terrario può essere fornito con una lampada ad incandescenza rossa (la cui luce non disturba gli animali durante la notte) o di ceramica (che emette calore ma non luce). Considerando l’abilità dei gechi di arrampicarsi ovunque, è fondamentale che le lampade siano protette in modo che gli animali non vi salgano sopra, causandosi gravi ustioni.

I sistemi di riscaldamento vanno collegati ad un termostato, che ne controlla il funzionamento evitando pericolosi surriscaldamenti. Uno o due termometri collocati nel terrario, uno posto direttamente vicino alla lampada, permettono di verificare la temperatura del terrario.
Le cosiddette rocce calde sono assolutamente controindicate, nonché pericolose, e non vanno utilizzate.

Igiene

Le feci, sia quelle finite sul fondo che quelle “colate” lungo le pareti di vetro, vanno rimosse e pulite tutti i giorni, per evitare problemi di contaminazione batterica e di aumento della carica parassitaria. Una volta ogni 1-2 mesi il fondo del terrario va completamente cambiato, e il terrario va accuratamente pulito e disinfettato. Se si usano fogli di carta come fondo, li si cambieranno una volta alla settimana. La ciotola dell’acqua va pulita con cura tutti i giorni.

Alimentazione

I gechi tokay sono principalmente insettivori, e occasionalmente si nutrono anche di piccoli vertebrati. In cattività la dieta va basata su grilli, cavallette e, meno frequentemente, kaimani e tarme della farina; sono ben accette anche le farfalle notturne. Gli adulti possono essere alimentati tre volte alla settimana; una volta alla settimana è possibile offrire un pinkie (un topino di 1-7 giorni di vita). I neonati vanno nutriti tutti i giorni e i giovani a giorni alterni, offrendo insetti di taglia relativamente più piccola. I grilli e gli altri insetti prima di essere offerti come cibo devono essere nutriti in modo adeguato, e due giorni prima alimentati con un pasto arricchito con un integratore minerale-vitaminico, integratore che va anche spolverizzato sugli insetti subito prima di offrirli.

Come si maneggia

Il geco tokay, vista la sua aggressività e la tenacia del morso, va afferrato utilizzando un guanto flessibile ma abbastanza spesso, circondando con la mano il collo e il corpo, in modo da impedire alla testa di girarsi e mordere. I cuscinetti delle dita sono adesivi, pertanto il geco va staccato dal vetro o dal ramo con delicatezza per non danneggiare le dita. In nessun caso lo si deve afferrare per la coda, perché come meccanismo di difesa si può staccare con facilità. L’eventuale perdita volontaria della coda (“autotomia”) avviene senza quasi perdita di sangue e non richiede alcun trattamento particolare. Con il tempo la coda ricresce.

Differenziazione dei sessi

La distinzione dei sessi è relativamente facile negli adulti, in quanto il maschio è di dimensioni maggiori e ha una testa più larga. Lungo la superficie inferiore della coscia, anteriormente alla cloaca (l’apertura da cui escono feci e urine) è presente una fila di strutture dette pori precloacali, più prominenti nei maschi. Sono strutture ghiandolari che hanno la funzione di marcare il territorio ed emettere feromoni.

Riproduzione

Il maschio corteggia la femmina emettendo delle grida. La femmina produce solitamente due uova, più raramente uno solo, di 1,8×2 cm, sferoidali, di colore bianco. Le uova vengono solitamente deposte contro una superficie solida: un sasso, un pezzo di corteccia o la parete del terrario. Il guscio, inizialmente di consistenza tenera, dopo la deposizione si indurisce rapidamente e aderisce tenacemente al substrato contro cui è stato deposto e al guscio dell’altro uovo. Spesso sia la femmina che il maschio sorvegliano le uova fino alla schiusa.

Non si deve far alcun tentativo di staccare le uova dal substrato o tra loro. Per evitare che le uova vengano danneggiate vanno protette ricoprendole con una vaschetta di plastica forata, fissandone i bordi alla parete o al fondo del terrario. Se le uova possono essere rimosse con parte del substrato, le si può porre in un coperchio di plastica, da collocare in un contenitore di plastica riempito con 2,5 cm di vermiculite umida. Il contenitore può essere posto in una piccola incubatrice per rettili, o riscaldato con un cuscinetto riscaldante o una lampadina a incandescenza. La temperatura di incubazione ideale è di 27-29°C. La vermiculite va inumidita periodicamente quando si asciuga. Se le uova sono fertili si schiudono in 65-200 giorni.

Cura dei piccoli

I piccoli appena nati sono, come tutti i rettili, copie in miniatura degli adulti, del tutto autonomi, e richiedono condizioni ambientali simili. I piccoli vanno sistemati in un terrario a parte, separati dagli adulti. Le caratteristiche del terrario come arredo, vaschetta dell’acqua, temperatura e umidità sono simili a quelle richieste per gli adulti. Anche l’alimentazione è simile a quella degli adulti, ma ovviamente si somministrano insetti di taglia inferiore. Non si devono tenere insieme giovani di taglia diversa, o giovani con adulti, per il pericolo di ferite e cannibalismo.

I camaleonti Chamaeleo calyptratus e Furcifer pardalis

I camaleonti hanno caratteristiche anatomiche uniche tra i sauri, come il corpo compresso lateralmente, la capacità di muovere gli occhi in modo indipendente, le palpebre fuse tra loro che lasciano solo una piccola apertura rotonda, l’abilità di proiettare in avanti la lingua per catturare la preda, le dita unite tra loro per facilitare la prensione dei rami. Diversamente da altri sauri come le lucertole e le iguane, se un camaleonte perde la coda non è in grado di farne ricrescere una nuova.

Contrariamente alla credenza popolare, i camaleonti non cambiano colore per mimetizzarsi; la maggior parte delle specie possiede colori che si armonizzano con l’ambiente in seguito alla selezione naturale. I principali fattori che causano i cambiamenti di colore sono la temperatura, lo stato emotivo e, nei soggetti in cattività, la selezione artificiale. Il maschio spesso mostra i colori più intensi e spettacolari quando vede un altro maschio. Colori meno intensi, ma ugualmente impressionanti, si osservano prima della riproduzione. Le femmine hanno una gamma di colori meno vivace. La femmina depone le uova indipendentemente dalla presenza del maschio e dal fatto di accoppiarsi.

Pur essendo molto ricercati per la loro bellezza e l’aspetto insolito, i camaleonti sono molto impegnativi e delicati, nonché poco longevi rispetto ad altri tipi di rettili. Il loro acquisto è consigliabile solo ad allevatori esperti e che possono dedicare molto tempo alle loro cure.

I camaleonti sono rettili molto territoriali e solitari, che sopportano male la presenza dei loro simili, a parte le femmine nel periodo ricettivo. È da evitare la convivenza di due maschi, che finirebbe con la morte di uno dei due. Questi rettili non amano essere toccati e vanno manipolati il minimo indispensabile. Vanno contenuti con la minore forza possibile, lasciando che camminino sulle mani piuttosto che tenendoli stretti.

Tutti i camaleonti sono elencati in CITES, e devono quindi essere acquistati con un documento che ne attesti la provenienza legale.


Classe Reptilia
Ordine Squamata
Sottordine Sauria
Famiglia Chamaeleonidae
Genere Chamaeleo
Specie C. calyptratus

È la specie di camaleonte più comune nei terrari, per la sua robustezza e bellezza. È originario dello Yemen e della parte meridionale dell’Arabia Saudita; proviene da habitat molto diversificati ed è quindi adattabile ad un ampio range di temperatura e umidità.
Il camaleonte caliptrato raggiunge la taglia adulta in 6-8 mesi.

Il maschio è lungo in media 35-45 cm, anche se eccezionalmente può arrivare a 60 cm. La femmina è di taglia leggermente inferiore (circa 30 cm). La testa presenta sulla sommità una protuberanza ossea, detta casco, di dimensione maggiore nel maschio. La colorazione di base è verde, di un’intensità che varia secondo lo stato d’animo. Sul corpo sono presenti striature e macchie brune, gialle e blu. Il maschio ha una colorazione più vivace.

La vita media è di 4-7 anni, se accudito con cura. Può raggiungere la maturità sessuale già a 4-6 mesi di età. La femmina può deporre tre covate all’anno, ciascuna con 20-70 uova.

Classe Reptilia
Ordine Squamata
Sottordine Sauria
Famiglia Chamaeleonidae
Genere Furcifer
Specie F. pardalis

Furcifer pardalis è una specie di camaleonte di taglia relativamente grande che origina dal Madagascar, molto ricercato per la bellezza dei colori. Proviene da foreste tropicali con ambienti umidi e semiumidi.

I maschi sono lunghi fino a 45 cm (eccezionalmente possono raggiungere i 50), mentre le femmine sono di taglia inferiore (circa la metà) e presentano una colorazione meno vivace. La colorazione nei maschi varia notevolmente secondo la località di origine e può essere verde, azzurra, arancio, rossa. Le femmine di solito sono di colore marrone più o meno chiaro in tutte le località, come pure i maschi giovani. Durante la gravidanza la femmina cambia colore e assume una livrea marrone scuro o nera con strisce arancio, per comunicare la sua indisponibilità all’accoppiamento.

I maschi in condizioni di allevamento ottimale vivono 5-7 anni. Le femmine di solito non superano i 2-3 anni di vita dopo la prima deposizione delle uova.
La maturità sessuale viene raggiunta a 6-7 mesi di età, più raramente a 5 in cattività. La femmina può deporre da 5 a 8 covate, ciascuna con 10-40 uova. Il tempo di schiusa è relativamente lungo e va da 5 a 14 mesi.

Allevamento

L’ambiente in cattività deve replicare quanto più possibile quello naturale. I terrari tradizionali, di vetro, non sono adatti in quanto non permettono un adeguato ricambio d’aria. Si consigliano gli specifici terrari per camaleonti, costituiti da pareti di rete. Il camaleontario deve essere più ampio possibile e sviluppato principalmente in altezza, in quanto si tratta di specie arboree. Raggiunta la maturità sessuale, ogni camaleonte va tenuto singolarmente, per evitare lotte e stress. Questi rettili, infatti, sono molto territoriali e aggressivi.

All’interno del camaleontario vanno inserite numerose piante non tossiche, ad esempio photos, ibisco, schefflera, ficus, dracena. Le foglie forniscono nascondigli, indispensabili per ridurre il livello di stress, e aiutano a mantenere elevata l’umidità. In aggiunta si possono collocare anche piante finte di plastica. L’ambiente deve essere ben fornito di rami su cui arrampicarsi, saldamente fissati. Il diametro dei rami deve essere leggermente superiore a quello della presa delle zampe, in modo che il camaleonte possa afferrarsi al ramo comodamente.

Sul fondo va evitato qualunque tipo di substrato particolato, come ad esempio pezzi di corteccia, che possono facilmente essere ingeriti causando ostruzioni intestinali letali, e che rappresentano un ottimo substrato per la replicazione dei batteri. Il fondo migliore è rappresentato da fogli di carta assorbente, come la carta da cucina, o i giornali, da cambiare regolarmente.

Nel terrario si devono collocare lampade che forniscano due tipi di radiazioni. Un tipo è dato dalle radiazioni infrarosse, che forniscono il calore di cui i rettili hanno bisogno per regolare le loro funzioni metaboliche. Allo scopo si possono impiegare faretti di ceramica, lampade infrarosse, lampade a incandescenza rosse o bianche. La luce va tenuta accesa 12-14 ore in primavera ed estate, e 10-12 durante l’autunno e l’inverno.

L’altro tipo di radiazioni, non meno importanti, sono le radiazioni ultraviolette di tipo B (UVB), indispensabili per il metabolismo del calcio. In commercio vi sono nuove lampade UVB che presentano lo stesso tipo di attacco delle lampade tradizionali, e sono quindi molto pratiche. Alcune nuove lampade producono contemporaneamente calore e raggi UVB. Le lampade vanno collocate nella parte più alta del terrario, a circa 25-30 cm dal ramo più vicino, e si deve evitare che il rettile vi entri direttamente in contatto per evitare che si ustioni.

Per permettere al camaleonte di regolare adeguatamente la propria temperatura corporea, come per altri rettili è necessario creare all’interno del camaleontario un gradiente di temperatura, vale a dire che si deve creare un’adeguata differenza di temperatura tra le varie parti del terrario in modo che l’animale scelga quella più adatta alle sue esigenze del momento.

F. pardalis
La temperatura media del terrario deve essere di 22-27°C. Il punto caldo, sotto la lampada riscaldante, deve arrivare a 30-32°C.
La notte la lampada riscaldante può restare spenta, se la temperatura non scende sotto i 10°C, in caso contrario si deve lasciare una fonte di calore anche di notte, ma senza emissione di luce, ad esempio una lampada di ceramica o una lampada a infrarossi. Tra la temperatura diurna e quella notturna vi deve essere una differenza di circa 10°C.

C. calyptratus
Il punto caldo deve essere di 32-40°C, con una temperatura media di 26-27°C nel resto del camaleontario. La notte la temperatura può scendere a circa 21°C. Non è necessaria un’umidità elevata, è adeguata intorno al 50%.
Per permettere di deporre le uova, le femmine quando sono mature devono avere a disposizione un recipiente ripieno di sabbia. In caso contrario la femmina può andare incontro alla ritenzione delle uova, un problema che può causarne la morte.

Alimentazione

La base dell’alimentazione è costituita dai grilli, di dimensioni proporzionali a quelle del camaleonte: la lunghezza dei grilli deve essere al massimo uguale alla larghezza della testa del rettile. Perché rappresentino un alimento adeguato, completo e nutriente, i grilli devono essere nutriti in modo equilibrato, fornendo loro farina, verdure fresche, frutta o alimenti specifici commerciali per grilli. Prima della somministrazione i grilli vanno alimentati per un paio di giorni con cibo integrato con calcio carbonato, e spruzzati di calcio subito prima di essere offerti. Si deve aggiungere ai grilli anche un integratore multivitaminico, una volta alla settimana per i maschi adulti, 2-3 per le femmine e tutti i giorni per i soggetti in crescita.

La dieta può essere occasionalmente variata offrendo insetti stecco, tarme della farina o kaimani. Le camole del miele sono particolarmente ricche di grassi e povere di calcio e vanno somministrate in quantità molto limitata.

C. calyptratus accetta anche alimenti di origine vegetale; si possono offrire piccole quantità di frutta e verdura, ad esempio foglie di tarassaco, cavolo, zucca e zucchine a dadini, peperone rosso, mirtilli, fettine di mela o pera, ecc.

Gli adulti possono essere alimentati 3-5 volte al giorno, i giovani tutti i giorni.

In natura i camaleonti bevono le goccioline di rugiada o di pioggia leccandole dalle foglie, quindi l’acqua va fornita spruzzando regolarmente e frequentemente il terrario oppure creando un gocciolatoio. È sufficiente prendere una piccola tanica di plastica, creare un piccolo foro e porla sopra il camaleontario, in modo che l’acqua vi sgoccioli dentro. I camaleonti possono non riconoscere l’acqua ferma in un recipiente, andando incontro a disidratazione.

L’acquisto

È bene evitare i soggetti di importazione, che presentano gravi problemi di maladattamento e un alto tasso di mortalità. L’elevato carico di parassiti e lo stress del viaggio in condizioni di estremo disagio fanno sì che questi rettili arrivino a destinazione in uno stato di grave debilitazione.

I soggetti riprodotti in cattività, al contrario, sono molto più resistenti e adattabili. Il soggetto da acquistare va valutato con attenzione, cercando eventuali segni di problemi sanitari (vedi sotto “controllo”).

Si devono acquistare camaleonti solo da rivenditori con un’ottima reputazione. Il rettile nel negozio deve essere alloggiato e alimentato correttamente, altrimenti potrebbe già soffrire di patologie che si possono manifestare dopo l’acquisto.

Salute e malattie

I camaleonti sono molto delicati e notoriamente difficili da mantenere in cattività. Esiste una correlazione diretta tra progettazione del terrario e tempo speso per la cura di questi sauri e il successo del loro allevamento in cattività. Come per i rettili in generale, infatti, la maggior parte dei problemi di salute sono correlati ad errori di allevamento e alimentazione.

I camaleonti dovrebbero essere osservati con attenzione tutti i gironi per rilevare prontamente anche minime alterazioni dell’aspetto e del comportamento, come un cambiamento di colore, una riduzione dell’appetito, una diminuzione del livello di attività. Questi cambiamenti possono essere la prima indicazione di stress o di problemi medici; come gli uccelli, questi rettili tendono a nascondere uno stato di malattia fino a quando questa è ad uno stadio avanzato. Gestire con successo qualsiasi condizione medica in un camaleonte richiede che il problema sia identificato precocemente. Attendere che il camaleonte sia visibilmente malato, come risulta dalla drammatica perdita di peso e disidratazione (ad esempio, infossamento degli occhi), di solito si traduce in scarse possibilità che le cure siano efficaci.

Controllo

Ecco di seguito gli elementi da controllare per rilevare prontamente eventuali anomalie.

Occhi. I camaleonti sani durante il giorno tengono gli occhi aperti e si guardano costantemente intorno. I problemi agli occhi possono essere segni precoci di infezioni respiratorie o problemi nutrizionali. Occhi infossati indicano di solito disidratazione e/o deperimento.

Bocca. Ascessi e stomatiti (infezioni della cavità orale) sono comuni. Asimmetrie della bocca sono l’indicazione di un problema.

Superficie del corpo. Sono anormali asimmetrie, gonfiori, ulcerazioni, in particolare della bocca e delle zampe. La perdita delle dita dei piedi e delle unghie o lesioni a loro carico possono portare a infezioni. Eventuale pelle vecchia ritenuta a livello di zampe, dita e coda va delicatamente rimossa, per evitare che ostacoli la circolazione sanguigna e causi necrosi.

Sistema muscolo-scheletrico. Si devono esaminare le condizioni del corpo, la simmetria, la forza di prensione delle zampe sul ramo. Questo è un importante indicatore dello stato nutrizionale. La perdita di massa muscolare si nota prima a livello del bacino e della base della coda, con la prominenza delle ossa. Le ossa lunghe degli arti devono essere relativamente dritte; una conformazione anomala può indicare una carenza di calcio (malattia ossea metabolica). Anche alterazioni della conformazione della mandibola possono indicare un problema di decalcificazione.

Segni che richiedono una visita veterinaria

Incapacità di restare aggrappato al ramo

Un camaleonte troppo debole per salire, o per restare sul ramo, è gravemente malato e deve essere visto al più presto. Similmente agli uccelli, i camaleonti mantengono la loro capacità di salire e di restare aggrappati fino all’esaurimento delle loro ultime riserve. A volte l’incapacità a restare sul ramo dipende da ferite o fratture alle zampe o da una carenza cronica di calcio, cose che hanno sicuramente una prognosi più favorevole, ma in generale, l’incapacità di restare aggrappato è un segno molto prognostico negativo.

Chiusura degli occhi

I camaleonti chiudono gli occhi quando non si sentono bene, o per un’infezione primaria agli occhi. Questo non vuol dire che ogni volta che un camaleonte tiene gli occhi chiusi si sia di fronte ad un’emergenza. I camaleonti chiudono gli occhi per dormire durante la notte e la maggior parte dei camaleonti, sia in natura che cattività, possono essere indotti ad aprire gli occhi durante la notte toccandoli leggermente o con l’esposizione alla luce, anche se alcuni non lo fanno. Un camaleonte che durante il giorno non può, non vuole, o addirittura preferisce non aprire gli occhi invece ha qualcosa che non va. I camaleonti che tengono gli occhi chiusi, oltre a riuscire ad arrampicarsi non riescono a catturare la preda e devono essere visitati al più presto perché non sono in grado di alimentarsi.

Rifiuto del cibo

La maggior parte dei camaleonti si alimenta in modo costante, ogni giorno, anche se alcuni camaleonti adulti mangiano a giorni alterni. Se il camaleonte ha smesso di mangiare per più di 48 ore, va osservato con attenzione. I camaleonti sono piuttosto schizzinosi nell’alimentazione. I grilli rappresentano l’alimento principale ma talvolta il rettile si stufa di consumarli. È importante utilizzare una varietà di prede diverse, e variare l’alimentazione tra grilli, tarme della farina, kaimani, camole del miele. Alcuni camaleonti annoiati che mangiano svogliatamente a volte si interessano molto ad alimenti “nuovi” come i moscerini della frutta (per i giovani), tarme delle farfalle notturne, cavallette, topi neonati (per gli adulti). Prima di considerare malato un camaleonte che non mangia, vale la pena di provare diversi tipi di prede. L’età del camaleonte ha una grande influenza sulle abitudini alimentari. I neonati e i giovani mangiano decine di insetti di dimensioni adeguate al giorno. I sub-adulti e adulti, di solito mangiano ogni giorno, ma a volte saltano un giorno senza che ciò abbia un significato negativo. I camaleonti adulti di sesso maschile a volte vanno incontro a periodi prolungati di digiuno, mentre appaiono in buona salute in tutti gli altri aspetti. Le femmine adulte che diventano gravide possono smettere di mangiare per un certo periodo di tempo. Il metodo migliore per monitorare un camaleonte anoressico è una bilancia di precisione che valuta variazioni di 1-2 grammi. Come regola generale una perdita di peso corporeo superiore al 10% richiede un controllo veterinario, anche se il camaleonte appare sano.

Alterazioni del colore

Se il camaleonte è esposto ad un ambiente troppo freddo assume una colorazione scura, nel tentativo di assorbire più calore, e non significa necessariamente che sia malato. Più spesso, un coloro più scuro diffuso e persistente si osserva nei camaleonti malati. Un camaleonte che non mangia, non è attivo, ed è di colore scuro è probabilmente malato. Alterazioni localizzate (macchie) di colore anomalo possono indicare lesioni o infezioni della pelle.

Pogona vitticeps – drago barbuto

Il pogona, o drago barbuto, origina dalle regioni aride e semidesertiche dell’Australia centrale. E’ un animale diurno ed un abile arrampicatore; è onnivoro e si nutre di invertebrati e talvolta piccoli mammiferi, e vegetali (foglie, fiori e frutta).
Può arrivare a 50 cm di lunghezza; i maschi hanno dimensioni maggiori delle femmine. È caratterizzato dalla presenza di scaglie modificate a formare spine acuminate sulla parte laterale del capo e del tronco. La vita media è di 10-20 anni.
Raggiunge la maturità sessuale a 1-2 anni; dopo circa 6 settimane dall’accoppiamento la femmina depone 11-30 uova per covata che vengono deposte in nidi scavati nella sabbia. La schiusa avviene in 60-80 giorni.
Gli esemplari in commercio sono tutti riprodotti in cattività, e quindi già adattati alla vita in terrario, e in genere molto docili. Rappresentano degli ottimi animali da terrario per la relativa facilità di allevamento, il carattere docile, l’adattamento al terrario e la taglia contenuta.

Allevamento

Il drago barbuto necessita di un terrario spazioso. I maschi sono molto territoriali e non vanno mai alloggiati insieme a causa della loro aggressività. Inoltre non si devono porre i piccoli insieme a soggetti adulti, perché rischierebbero di essere divorati.
Il terrario in cui viene tenuto il rettile deve replicare, per quanto possibile, il suo habitat naturale, cosa sempre impossibile da fare in modo perfetto in un ambiente tanto ristretto. L’allestimento deve essere tale da non complicare le operazioni di pulizia, che se diventano troppo impegnative rischiano di essere rimandate con conseguenze deleterie per l’igiene.
I pogona vanno alloggiati in terrari quanto più ampi possibile, con le pareti lisce, facili da pulire e disinfettare; i materiali più usati sono il vetro, il plexiglas, la plastica e la fibra di vetro.
All’interno del terrario vanno collocati dei nascondigli, ad esempio vasi di coccio o scatole con un’apertura o cortecce d’albero. I nascondigli sono indispensabili per il benessere dell’animale perché gli forniscono un senso di sicurezza e riducono lo stress.
Nel terrario deve sempre essere presente un solo maschio, che eventualmente può convivere con 2-3 femmine, se lo spazio a disposizione è sufficiente. Per i principianti è però preferibile tenere i pogona singolarmente.
Si deve evitare di lasciare il rettile libero di girare per casa perché ciò lo espone a numerosi pericoli (ad esempi di perdersi o di venire schiacciato), a condizioni ambientali inadeguate per quanto riguarda temperatura e umidità, e perchè non è una buona pratica igienica.

Temperatura

Poiché i rettili regolano la loro temperatura corporea utilizzando fonti esterne di calore, si deve porre nel terrario una fonte di riscaldamento. La temperatura del terrario non deve essere uniforme ma presentare una variazione, detta gradiente, da un estremo all’altro. In questo modo il pogona, spostandosi da una zona all’altra del terrario, può regolare la propria temperatura corporea in modo da scegliere quella ottimale. È evidente che per poter creare un adeguato range di temperatura il terrario deve essere sufficientemente spazioso, altrimenti si riscalda tutto in modo uniforme.
Per il drago barbuto il range di temperatura ideale deve andare da 40-43°C in corrispondenza della fonte di calore (il cosiddetto “punto caldo”) a 25°C nella zona più fresca. Durante la notte la temperatura può scendere a 22-25°C.
Il gradiente di temperatura va controllato con l’uso di termometri e termostati. Se la temperatura è troppo elevata il rettile può morire in pochi minuti per ipertermia. Temperature troppo basse non permettono di sostenere le attività metaboliche, come la digestione e la funzionalità del sistema immunitario, causando anoressia e malattie.
Il metodo migliore per riscaldare il terrario consiste nell’utilizzo di lampade ad infrarossi, che imitano l’azione di riscaldamento del sole. Si ottenere un’adeguata temperatura variando il wattaggio della lampada, la sua distanza dal terrario ed eventualmente impiegando più lampade. I sistemi di riscaldamento vanno sempre utilizzati insieme ad un termostato (di ottima qualità) che ne regoli la temperatura. Un surriscaldamento accidentale all’interno del terrario, anche solo per pochi minuti, può causare la morte del suo abitante.
Da evitare assolutamente sono le cosiddette “rocce calde”, apparati di riscaldamento simili a un pezzo di roccia, naturale o artificiale, contenenti all’interno una resistenza elettrica e da collegare alla presa di corrente. Si suppone che il pogona, quando ha bisogno di riscaldarsi, vi si sdrai sopra. Questi oggetti sono di per sé molto pericolosi perché causano ustioni con elevata frequenza – sia per problemi di malfunzionamento, sia perché il contatto prolungato con il tempo ustiona i tessuti anche se la temperatura prodotta non è di per sé eccessiva. Il tempo di contatto, infatti, è altrettanto importante della temperatura assoluta nel provocare ustioni. Inoltre non forniscono un metodo di riscaldamento fisiologico a questi rettili, che in natura si riscaldano principalmente esponendosi al calore del sole.

Umidità e aerazione

Il tasso di umidità del terrario è un fattore essenziale per la salute del rettile. I pogona sono deserticoli e quindi richiedono bassi livelli di umidità: 30-40% di giorno e 50-65% di notte. Occorre fare attenzione ai soggetti molto giovani che in condizioni di umidità troppo bassa sono soggetti a disidratazione (che danneggia la funzione renale) e a problemi di muta con possibile necrosi della coda.
Per verificare il livello di umidità presente nel terrario è necessario utilizzare un apposito strumento detto igrometro, comunemente in vendita nei negozi per rettili o in quelli per bricolage. Se è necessario aumentare l’umidità si può spruzzare dell’acqua.
Nel terrario ci deve essere un buon ricambio d’aria, assicurato da griglie di ventilazione poste una in basso e una in alto su due pareti opposte.

Substrato

Il materiale usato sul fondo del terrario può avere una notevole importanza per la salute e va scelto con attenzione. Il tipo di materiale più economico e facile da sostituire è rappresentato dalla carta (giornali vecchi, carta da pacchi…); non è un materiale molto estetico ma ha il vantaggio che permette di controllare facilmente l’aspetto delle deiezioni. È il materiale consigliato durante la quarantena e per i soggetti ammalati. Materiali con proprietà analoghe sono rappresentati da pezzi di moquette o di erba finta, molto facili da sostituire con pezzi puliti e che dopo lavaggio e disinfezione possono essere riutilizzati.
La segatura e i trucioli sono più difficili da rimpiazzare; la zona in cui il pogona ha defecato va completamente asportata. Poiché questi materiali assorbono l’umidità, sono controindicati nei soggetti molto giovani perché possono causare disidratazione.
La sabbia e la ghiaia fine permettono di allestire un terrario dall’aspetto più naturale, anche se scomodo da sostituire. Hanno lo svantaggio che se ingeriti possono causare un blocco intestinale.
Corteccia, fibra di noce di cocco e materiali simili sono scarsamente assorbenti e se ingeriti accidentalmente sono pericolosi. Inoltre i grilli vi si potrebbero nascondere, sfuggendo al rettile.
I substrati a base di calcio carbonato, anche se commercializzati come specifici per rettili, sono controindicati perché possono causare ostruzioni intestinali fatali se vengono ingeriti.

Illuminazione

Il drago barbuto deve essere soggetto ad un ciclo di illuminazione (fotoperiodo) di 12-14 ore di luce d’estate, 9 d’inverno e 10 in primavera ed autunno. Condizioni di fotoperiodo innaturale (ad esempio un’illuminazione continua anche di notte) causa uno stress eccessivo al rettile, con effetti negativi sullo stato di salute.
Oltre alle lampade usate per riscaldare il terrario (che possono anche non emettere luce, come le lampade di ceramica) è necessario collocare nel terrario lampade a spettro completo, che emettono radiazioni ultraviolette sia di tipo A che di tipo B. Le radiazioni UVA sono invisibili all’occhio umano ma non a quelle dei rettili e apportano loro notevoli benefici alla salute, simulando condizioni naturali e stimolando normali comportamenti alimentari; sono inoltre particolarmente importanti nei programmi di riproduzione. Le radiazioni UVB hanno una funzione ancora più importante ed essenziale per la vita, in quanto stimolano a livello cutaneo la sintesi di vitamina D, indispensabile per assimilare il calcio presente nell’alimento.
Poiché il vetro blocca quasi completamente le radiazioni ultraviolette queste lampade vanno collocate all’interno del terrario, e non fuori del coperchio, a meno che non si utilizzi un coperchio con una griglia.

Igiene

Mantenere un’accurata igiene nel terrario è fondamentale per la salute dei rettili. Le feci vanno eliminate subito; periodicamente si deve cambiare completamente il materiale di substrato e pulire a fondo il terrario. Come disinfettanti si possono usare il lisoformio o la varechina diluiti, da risciacquare con cura. Anche gli elementi di arredo, come nascondigli, rami o ripiani, devono essere lavati o sostituiti.

Alimentazione

Il pogona è un rettile onnivoro. I piccoli sono essenzialmente insettivori, ma con la crescita iniziano a consumare una quota di vegetali. A partire da due mesi di età è opportuno iniziare ad offrire una quota di verdure, perché imparino a cibarsene. Gli adulti consumano per il 50% insetti e per il 50% verdure; una dieta esclusivamente o prevalentemente insettivora ne abbrevia l’aspettativa di vita, al contrario i vegetali possono essere lasciati sempre a disposizione.
Come insetti si possono utilizzare grilli, larve del miele, camole della farina, kaimani, e di tanto in tanto si somministrano dei topini neonati. Per i giovani gli invertebrati devono essere di dimensioni proporzionalmente molto piccole, ad esempio ai neonati si offriranno i grilli più piccoli. Come regola generale, gli invertebrati offerti come pasto non devono essere più lunghi di un terzo della larghezza della testa del rettile. Prede maggiori possono causare costipazione intestinale.
Gli invertebrati con un rivestimento chitinoso molto spesso, come le camole della farina, non sono adatti ai neonati, che possono comunque ricevere invertebrati che hanno appena fatto la muta e hanno perso il rivestimento chitinoso.
Prima di essere offerti gli invertebrati devono essere nutriti per un paio di giorni almeno con una dieta nutriente, ricca di vitamine (cereali, frutta e verdura addizionati di calcio e integratori).
I vegetali devono essere più possibile variati. Si possono offrire ad esempio le cicorie (radicchi, insalate, indivia, rucola, scarola, ecc.), coste, carote e zucchine grattugiate, tarassaco, peperoni e vari tipi di frutta. Il tutto va tagliato in piccoli pezzi e mescolato con cura. Si deve evitar l’insalata brasiliana, che ha uno scarso valore nutritivo.
La dieta deve essere integrata con calcio carbonato, un integratore comunemente in vendita nelle farmacie, e un prodotto minerale-vitaminico.
I pogona devono sempre avere la possibilità di bere, lasciando a disposizione tutti i giorni un recipiente d’acqua. I pogona spesso preferiscono bere le goccioline di acqua spruzzate nel terrario o direttamente sulla testa. Anche la verdura rappresenta una fonte di acqua.

Quarantena

Quando si acquista un nuovo rettile è di fondamentale importanza non solo sottoporlo subito ad un’accurata visita veterinaria, ma tenerlo completamente isolato da altri rettili che già si possiedono, instaurando un periodo di quarantena più lungo possibile (idealmente di sei mesi). Durante la quarantena il pogona va alloggiato in una stanza diversa da quella che ospita gli altri terrari e dopo averlo accudito ci si deve lavare le mani con cura prima di occuparsi degli altri rettili. Gli oggetti (o il cibo) presenti nel terrario del nuovo ospite non devono essere passati in altri terrari.

Iguana verde (Iguana iguana)

Contrariamente a quanto si crede, le iguane sono rettili molto difficili da gestire adeguatamente e molto impegnativi, e possono presentare grossi problemi di comportamento. Richiedono una conoscenza approfondita delle richieste di gestione e alimentazione, hanno bisogno di ampi spazi (le iguane adulte possono raggiungere quasi due metri di lunghezza) e di tempo per accudirle. Prima di acquistarle è bene quindi riflettere con attenzione sulla possibilità di tenerle in modo adeguato e sul tempo che si può dedicare loro, e studiare in modo approfondito come vanno gestite.

Comportamento in natura

L’iguana verde è originaria delle foreste pluviali del centro e sud America, caratterizzate da un clima stabilmente caldo e molto umido. Questo rettile passa la maggior parte del tempo arrampicato sugli alberi e viene quindi definito arboricolo. Preferisce stazionare nei pressi dei corsi d’acqua, perché quando si sente minacciato da un predatore si lancia dagli alberi nell’acqua; è un ottimo nuotatore e si serve della lunga e robusta coda per avanzare nell’acqua.

Come tutti i rettili, le iguane sono animali cosiddetti ectotermici (termine scientifico che ha sostituito il poco corretto “a sangue freddo”): al contrario dei mammiferi non sono in grado di generare calore corporeo con il metabolismo, ma hanno bisogno di una fonte esterna di calore per mantenere in funzione l’organismo. Per questo motivo le iguane passano molte ore al sole a riscaldarsi. In particolare, si espongono al sole al mattino al risveglio per innalzare la loro temperatura corporea, restando immobili su un ramo o un tronco; dopo poche ore, quando si sono riscaldate a sufficienza, mangiano nutrendosi di vegetazione, fiori e frutti. Terminato il pasto restano nuovamente immobili al sole, perché hanno bisogno del suo calore per compiere la digestione.

I soggetti adulti durante la stagione riproduttiva sono impegnati nella ricerca del partner, nel tenere lontano eventuali avversari e nel costruire il nido, ma a parte queste attività le iguane passano la maggior parte del tempo in riposo. Le iguane sono ovipare (si riproducono per mezzo di uova).

Longevità e cause di mortalità

In cattività, l’iguana verde se accudita in modo appropriato può arrivare a vivere 20 anni. La stragrande maggioranza delle giovani iguane di importazione muore entro il primo anno di vita, e quelle che sopravvivono in gran parte soccombono dopo pochi anni a causa degli errori di gestione. I principali errori consistono nell’alimentazione sbagliata (le iguane sono esclusivamente vegetariane e offrire loro un’alimentazione completa e bilanciata non è facile) e nel fornire temperatura e umidità insufficienti. L’organismo dell’iguana, inoltre, può essere indebolito dallo stress cronico di trovarsi rinchiuso in un minuscolo contenitore (il terrario) quando in natura ha a sua disposizione una foresta.

Distinzione dei sessi

È possibile differenziare maschi e femmine solo quando hanno raggiunto un sufficiente sviluppo corporeo. Le prime differenze iniziano a notarsi da un anno di età, se allevate correttamente; è impossibile stabilire il sesso delle giovani iguane. La differenziazione delle diverse strutture è su base ormonale, pertanto i maschi sottomessi che vivono con un maschio dominante (il “maschio alfa”) tendono a non sviluppare caratteri sessuali secondari e sembrano femmine. Si tratta di un meccanismo difensivo per proteggersi dalle aggressioni del soggetto dominante.

Gli adulti si differenziano per diversi elementi:
Pori femorali
. Sono strutture ghiandolari disposte in fila sulla faccia inferiore delle cosce, che diventano più grandi ed evidenti nei maschi.
Emipeni
. Intorno ad un anno e mezzo di età gli emipeni, posti alla base della coda, cominciano a svilupparsi e possono essere palpati come una lieve procidenza sotto la pelle facendo scorrere un dito nel punto della coda che corrisponde alla loro sede.
Giogaia e cresta
. Sono più sviluppate nei maschi, in genere, anche se vi possono essere femmine con una cresta molto pronunciata.
Mandibole
. Nei maschi di oltre tre anni l’angolo della mandibola può essere particolarmente sviluppato.
Taglia
. I maschi raggiungono una taglia definitiva leggermente maggiore delle femmine, ma lo sviluppo fisico è un fatto abbastanza soggettivo e dipende in gran parte da com’è allevato il rettile.

Quante iguane?

Le iguane in natura formano dei gruppi, ma sono anche territoriali e tendono a combattere per stabilire una posizione dominante. Nell’ambiente ristretto del terrario, privo di vie di fuga, solitamente una delle due iguane finisce per dominare l’altra stressandola, limitandone l’accesso alla fonte di calore e di raggi UVB, all’acqua e al cibo. Possono anche verificarsi lotte e di conseguenza ferite causate da morsi e graffi, che possono poi infettarsi. Considerando quanto sono animali impegnativi e di difficile gestione, è preferibile comprarne una sola.

Il terrario e gli accessori

Le dimensioni delle iguane in pochi anni vanno da circa 20 cm di lunghezza totale alla nascita a circa due metri al completo sviluppo: quando si compra una giovane iguana va già tenuta presente la necessità di cambiare la sistemazione, per adattarla al rapido tasso di crescita. La sistemazione iniziale della giovane iguana è in genere un terrario di vetro, relativamente facile da pulire, resistente agli elevati livelli di umidità che richiede questo animale, e che consente una buona visualizzazione del suo abitante.
Più grande è il terrario, e quindi maggior spazio ha a disposizione il rettile, migliori saranno le sue condizioni di vita. Poiché le iguane sono arboricole (amano arrampicarsi sugli alberi per rimanere in posizione elevata, dove si sentono al sicuro) il terrario deve essere sviluppato in senso verticale, oltre che orizzontale. Le dimensioni ideali sono di 2 metri di larghezza per 2 metri di altezza. Volendo dare delle indicazioni generali, il terrario dovrebbe essere alto almeno quanto la lunghezza totale dell’iguana (preferibilmente una volta e mezzo), ampio 1,5-2 volte la sua lunghezza e profondo 2/3. È evidente che per un’iguana adulta vi sono seri problemi di spazio e risulta difficile reperire un terrario di dimensioni adeguate, pertanto può essere una soluzione più semplice allestire una piccola stanza oppure creare artigianalmente un ambiente idoneo, utilizzando eventualmente dei pannelli di plexiglas su un’intelaiatura di metallo.
La ventilazione nel terrario deve essere assicurata dalla presenza di alcune griglie che permettano un buon ricambio d’aria. Una ventilazione insufficiente è un importante fattore favorente le infezioni batteriche e fungine.

Un indispensabile accessorio è rappresentato da un tronco o una tavola inclinati, che permettano all’iguana di arrampicarsi. Devono essere fissati saldamente per evitare che cadano, ferendo il rettile. Le loro dimensioni devono essere leggermente superiori alla larghezza massima dell’iguana, per sostenerne adeguatamente il corpo. È anche possibile collocare un ripiano accanto alle fonti di luce, dove spesso le iguane amano sostare. Volendo decorare il terrario con delle piante è preferibile utilizzarne di finte: le piante vere avrebbero vita breve insieme a un’iguana.

Lasciare l’iguana libera di girare per casa per compensare le ridotte dimensioni del terrario e permetterle di fare esercizio non è una soluzione accettabile, per diversi motivi. Per prima cosa, a meno che non si innalzi il riscaldamento a 35°C e si crei un’umidità del 90°C, l’ambiente risulterà troppo freddo e asciutto, predisponendo il rettile a problemi di salute. Inoltre, vagando per casa l’iguana è soggetta a ogni genere di pericolo, in particolare l’ingestione di corpi estranei (piccoli oggetti trovati in giro) che possono persino richiedere un intervento chirurgico per la loro rimozione. Inoltre, i rettili sono portatori di batteri pericolosi per la salute umana, in particolare le salmonelle, e possono contaminare l’ambiente domestico.

Le iguane traggono grandissimi benefici dall’esposizione alla luce solare diretta; pertanto, se il clima è adeguato, è possibile allestire una gabbia all’aperto, in rete metallica, in cui lasciare i rettili durante le ore più calde nella bella stagione. All’interno della gabbia si pone un tronco ben fissato e un recipiente d’acqua abbastanza grande da permettere al rettile di immergervisi. Le iguane possono morire rapidamente se esposte a temperature eccessive, pertanto si deve aver cura che una parte del recinto resti sempre ombreggiata, anche quando il sole si sposta. L’umidità può essere mantenuta elevata spruzzando spesso dell’acqua. Alla sera, o comunque se la temperatura scende, l’iguana andrà rimessa nel terrario al caldo. È evidente che il recinto deve essere assolutamente a prova di fuga. I primi tempi è consigliabile restare ad osservare il rettile, per verificare che non riesca a trovare una scappatoia imprevista.

Bacinella dell’acqua

Le iguane ricavano la maggior parte dell’acqua di cui hanno bisogno dalle verdure, ma una fonte di acqua non deve mai mancare. Poiché nel terrario l’umidità deve essere elevata, e anche per il motivo che le iguane amano immergersi completamente in acqua con il corpo, si deve lasciare a disposizione una bacinella abbastanza grande da contenere il rettile.

Riscaldamento e illuminazione

Poiché l’iguana è un animale ectotermico (o, come si diceva una volta anche se in modo non scientifico, “a sangue freddo”) e deve ricevere il calore da una fonte esterna per poter vivere, è necessario che l’ambiente in cui vive sia adeguatamente riscaldato. Tuttavia non è sufficiente fornire una temperatura adeguata: è necessario che nel terrario sia presente un gradiente di temperatura. Ciò significa che la temperatura non deve essere costante ovunque ma presentare un massimo (ad un’estremità del terrario, subito sotto la lampada riscaldante) e un minimo, all’estremità opposta. Il concetto di gradiente, in opposizione a temperatura uniforme, è di importanza fondamentale per i rettili perché essi devono poter scegliere momento per momento a che temperatura esporsi. Per le iguane la temperatura minima del range deve essere di 30°C e quella massima (sotto la lampada riscaldante, zona detta “punto caldo” o “hot spot”) di 36-39°C durante il giorno. Durante la notte non è necessaria la presenza di un punto caldo e la temperatura può scendere a 23-26°C. Mantenere le iguane ad una temperatura costante rappresenta una condizione di stress che indebolisce l’organismo e impedisce a questi rettili di portare il loro organismo alla temperatura di cui hanno bisogno. Sono egualmente dannose temperature troppo basse ed eccessivamente alte, quindi è importante misurare con precisione la temperatura nei vari punti del terrario utilizzando diversi termometri. Il gradiente deve essere tanto orizzontale (da un’estremità all’altra del terrario) che verticale (dall’alto al basso). Poiché le iguane amano restare in posizione elevata (in natura si arrampicano sugli alberi per prendere il sole) la lampada riscaldante che crea il punto caldo dovrà essere in posizione elevata e puntare sull’estremità superiore di un ramo. Le lampade riscaldanti sono in grado di provocare gravi ustioni, quindi è necessario che siano collocate a una distanza adeguata, impedendo al rettile di venirvi a contatto troppo da vicino, ed eventualmente schermandole con una robusta rete (su cui l’iguana non arrivi ad arrampicarsi…).

La lampada riscaldante può essere una normale lampada da tavolo, un faretto (spot), una lampada ad infrarossi per rettili, una lampada di ceramica che emette calore ma non luce (le ultime due adeguate anche al riscaldamento notturno perché non disturbano il sonno). Il wattaggio e la distanza dal punto da riscaldare possono essere variati per creare la temperatura adeguata a livello del “punto caldo”, ma si deve poi verificare che il resto del terrario non sia a temperatura troppo bassa o troppo calda. È anche consigliabile l’utilizzo di termostati, che impediscono al terrario di surriscaldarsi spegnendo gli apparati di riscaldamento quando la temperatura supera il massimo consentito.

È possibile che la sola lampada riscaldante del punto caldo non sia sufficiente a riscaldare in modo adeguato il resto del terrario, soprattutto se è di grandi dimensioni. In tal caso si possono aggiungere altre lampade in punti diversi, oppure utilizzare un materassino riscaldante da porre sotto il pavimento o a fianco di una parete, ma sempre esternamente al terrario per prevenire problemi di ustione. È anche possibile riscaldare la stanza in cui si trova il terrario, soprattutto se è riservata a questo scopo. Questi dispositivi sono adeguati a fornire un riscaldamento “di base”, ma non possono sostituire la lampada che fornisce il punto caldo.

Da evitare assolutamente sono le cosiddette “rocce calde”, apparati di riscaldamento simili a un pezzo di roccia, naturale o artificiale, contenenti all’interno una resistenza elettrica e da collegare alla presa di corrente. Si suppone che il rettile, quando ha bisogno di riscaldarsi, vi si sdrai sopra. Questi oggetti sono di per sé molto pericolosi perché causano ustioni con elevata frequenza – sia per problemi di malfunzionamento, sia perché il contatto prolungato con il tempo ustiona i tessuti anche se la temperatura prodotta non è di per sé eccessiva. Il tempo di contatto, infatti, è altrettanto importante della temperatura assoluta nel provocare ustioni.

Fotoperiodo

Provenendo da climi tropicali, le iguane hanno bisogno di essere esposte alla luce per circa 14 ore al giorno, e hanno bisogno di poter riposare nell’ oscurità per le restanti ore del giorno. È ovvio che durante le ore di buio il terrario va riscaldato con fonti di calore che non emettono luce, come le lampade di ceramica, o che emettono luce rossa o blu, che non disturbano il sonno del rettile.

La luce ultravioletta

Vi sono due tipi di radiazioni ultraviolette importanti nel benessere delle iguane: UVA (lunghezza d’onda 320-400 nm) e UVB (lunghezza d’onda 290-320 nm).

Raggi UVB

I raggi UVB sono i più importanti, perché la loro azione a livello cutaneo permette la sintesi vitamina D, senza la quale le iguane non potrebbero assimilare il calcio e sarebbero quindi destinate a morire per decalcificazione dello scheletro. Sembra ormai accertato da numerosi studi scientifici che, al contrario di molti altri rettili, le iguane non siano in grado di assimilare dal cibo la vitamina D e che l’unico modo in cui possano procurarsela è tramite la sintesi indotta nel loro organismo dai raggi UVB.
Esistono due possibili fonti di raggi UVB. La prima è la luce solare diretta, indubbiamente la fonte migliore e più efficace: esporre le iguane al sole apporta grandissimi benefici alla loro salute (avendo cura di evitare problemi di surriscaldamento). Va tenuto ben presente che il vetro e il plexiglas sono in grado di schermare i raggi UVB, rendendo inefficace l’azione del sole. Per questo esporre un’iguana al sole dietro una finestra è del tutto inutile ai fini della sintesi della vitamina D. Se l’iguana è rinchiusa nel terrario, può anzi andare incontro a problemi di surriscaldamento e morire in pochi minuti.
In mancanza di sole diretto (evenienza costante durante l’inverno e nella maggior parte dei casi in cui si possiede un’iguana) l’alternativa consiste nell’impiego di lampade ad emissione di raggi UVB. Considerata l’importanza critica sulla salute delle iguane dei raggi UVB occorre valutare con attenzione il prodotto che si acquista: non di rado negozianti inesperti scambiano lampade a infrarossi (che producono calore) per lampade UVB. Le lampade giuste devono riportare specificatamente sulla confezione la dicitura “UVB”. Recentemente sono state messe in commercio lampadine UVB con l’attacco a bulbo, che possono essere montate su normali porta-lampadine, molto più pratiche da installare delle classiche lampade al neon (che richiedono di essere collegate ad un trasformatore specifico). Alcuni tipi di lampade UVB producono anche calore, pertanto possono sostituire la lampada riscaldante. Da notare che le lampade UVB emettono anche una quota di luce visibile, oltre alle radiazioni ultraviolette invisibili alla vista.

Vi sono alcuni punti importanti da tener presente nell’impiego delle lampade UVB.

  • La lampada UVB e la lampada riscaldante devono essere collocate vicine, per fornire contemporaneamente luce ultravioletta e calore, come avviene in natura quando l’iguana si espone al sole. In caso contrario si può avere un’alterazione del comportamento di termoregolazione e quindi problemi di salute.
  • Le lampade UVB vanno lasciate accese per 14 ore al giorno e durante la notte vanno tenute spente.
  • La lampada UVB non deve essere mascherata da vetro o plexiglas, che filtrano completamente i raggi ultravioletti, anche se lasciano passare la luce visibile.
  • La distanza della lampada UVB dal rettile non deve essere superiore a 30-40 cm, perché la potenza di irradiazione decresce man mano aumenta la distanza (per la precisione diminuisce con il quadrato della distanza).
  • Le lampade ultraviolette vanno cambiate ogni 6-12 mesi, perché dopo questo periodo non emettono più raggi UVB ma solamente luce visibile.
  • Le lampade UVB non sono un optional, ma un elemento indispensabile nel terrario. Si può rinunciare alle lampade UVB solo se l’iguana ha la possibilità di esporsi alla luce solare diretta.
  • Considerata la varietà di modelli presenti sul mercato, è bene rivolgersi a un venditore esperto per avere consigli attendibili. In genere per le iguane si utilizzano lampade al 5% di emissione (5.0).
  • Le lampadine riscaldanti, le luci fluorescenti da acquario e per le piante e tutte le lampade in cui non è scritto specificatamente “UVB” non producono radiazioni UVB.

Raggi UVA

Le radiazioni UVA, al contrario delle UVB, non producono un’azione fisiologica diretta, ma bensì “psicologica”. Al contrario degli esseri umani ma come molti rettili e uccelli, le iguane riescono a vedere anche nello spettro UVA, che per noi è invisibile. Questo si traduce in pratica in un’eccezionale vividezza e gamma di colori che a noi è preclusa; per fare un paragone, è come se le iguane potessero vedere a colori e noi in bianco e nero. Le iguane che, oltre alla luce visibile, ricevono anche la luce nello spettro UVA ne traggono benefici psicologici perché hanno una visione dei colori molto più brillante e, per così dire, il mondo ha un aspetto migliore. Il cibo offerto può apparire più “colorato” e appetibile, e quindi venir consumato più volentieri.

Le lampade UVB emettono anche una quota di radiazioni UVA, e hanno quindi una doppia funzione. Occorre invece fare attenzione alle lampade a emissione di UVA, che non emettono UVB: ancora una volta, si deve leggere quanto è riportato nella confezione e affidarsi ad un rivenditore esperto. È anche possibile affiancare una lampada UVA e una UVB.

Umidità

Un aspetto del mantenimento in cattività delle iguane spesso sottovalutato o trascurato è il livello di umidità ambientale. Nel loro ambiente naturale l’umidità relativa è dell’85-95%, quindi molto elevata. È difficile in cattività replicare valori così alti, oppure mantenerli senza causare problemi di crescita eccessiva di batteri e funghi nel terrario.
Mantenere le iguane a livelli di umidità troppo bassi nel lungo periodo crea seri problemi di salute legati alla disidratazione cronica, con conseguenti danni renali e quindi insufficienza renale. Nel breve periodo, un ambiente troppo asciutto causa problemi di muta con ritenzione della pelle, problematica soprattutto a livello della cresta dorsale. La pelle delle spine resta stratificata muta dopo muta, causando alla fine la perdita delle spine stesse. Questo può essere il segnale che il rettile sta subendo problemi a causa dell’umidità insufficiente.
Come per la temperatura, non si deve cercare di “indovinare” il tasso di umidità ma verificarlo con precisione con l’uso di un igrometro, uno strumento facilmente reperibile nei negozi per rettili o che vendono attrezzature per giardinaggio.
Per mantenere un’elevata umidità ambientale vi sono diversi sistemi, secondo il tipo di terrario e le sue dimensioni. Si può porre la vasca dell’acqua in corrispondenza di un materassino o un cavetto riscaldante (collocati al di fuori del terrario) o sotto la lampada riscaldante, in modo che l’acqua evapori, o si può spruzzare spesso dell’acqua con uno spruzzino. Nei terrari di grandi dimensioni si può utilizzare un umidificatore.


Il substrato

Il materiale che si colloca sul fondo del terrario ha una notevole importanza sulla salute dell’iguana, non solo dal punto di vista igienico ma anche per la possibilità che venga ingerito e causi un’ostruzione intestinale: di solito, tutto ciò che è abbastanza piccolo da poter entrare in bocca, prima o poi sarà ingoiato dal rettile. Particolarmente pericolosi sono i pezzi di corteccia, il pellet di tutolo di mais e in genere tutti i substrati corpuscolati.
In commercio esistono parecchi tipi di materiali venduti come specifici per rettili, che tuttavia risultano molto pericolosi quando vengono ingeriti, causando costipazione od ostruzione intestinale.
Il fondo migliore è rappresentato da fogli di giornali, molto pratici ma poco estetici, o da pezzi di moquette o erba finta, lavabili e riciclabili. Se l’iguana si abitua a sporcare nella bacinella dell’acqua è molto più facile tenere pulito il fondo.

Igiene

Mantenere un’accurata igiene nel terrario è fondamentale per la salute dell’iguana. Le feci vanno eliminate subito; periodicamente si deve cambiare completamente il materiale del fondo e pulire a fondo il terrario. Come disinfettanti si possono usare il lisoformio o la varechina diluiti, da risciacquare con cura. Anche gli elementi di arredo, come rami o ripiani, devono essere lavati o sostituiti. La bacinella dell’acqua va tenuta particolarmente pulita: va lavata almeno una volta al giorno, ma se l’iguana vi defeca dentro la pulizia va effettuata subito.

L’alimentazione

Senza dubbio, le cause più frequenti di malattia e di morte prematura nelle iguane in cattività sono rappresentate dagli errori alimentari. Per anni si è ritenuto, completamente a torto, che le iguane fossero in parte o del tutto insettivore. In realtà l’alimentazione dell’iguana verde in natura si basa prevalentemente sul consumo di foglie e in parte di fiori e frutti, come dimostrano numerosi studi effettuati sia sul comportamento in natura che sul contenuto dello stomaco di soggetti selvatici. Questo tipo di regime alimentare si osserva fin dalla nascita e viene mantenuto per tutto il ciclo vitale. La somministrazione, anche occasionale, di insetti o altri alimenti di origine animale è assolutamente dannosa, causando in particolare danni renali.
Pur essendo l’iguana vegetariana, non è affatto semplice fornirle una dieta completa e bilanciata, principalmente per il fatto che non disponiamo dei vegetali di cui si nutre nelle foreste pluviali da cui origina, e che dobbiamo ripiegare su vegetali di coltivazione, molto diversi come composizione. Il risultato migliore che si può ottenere è un’approssimazione di quello che consumano in natura.

Nell’alimentazione dell’iguana si può scegliere tra diete preparate in casa con vegetali di vario tipo (la cosiddetta “insalata per iguane”) o diete pronte commerciali. Le due scelte, che possono anche essere variamente combinate, presentano pro e contro da valutare in modo critico.
Considerati i vantaggi e gli svantaggi dei due tipi di diete, alcuni nutrizionisti suggeriscono di utilizzare le formulazioni migliori di entrambe, in rapporto 50:50. Un simile regime alimentare avrebbe il vantaggio di non necessitare di integrazioni. Altri consigliano, fino a che non siano disponibili studi più approfonditi, di impiegare le diete pronte in percentuale non superiore al 10% della razione quotidiana.

Dieta casalinga

  • La dieta preparata in casa deve comprendere esclusivamente ingredienti vegetali.

  • La base della dieta (90% circa) deve essere costituita da vegetali a foglia, scelti tra quelli più ricchi di calcio e fibra.

  • Il restante 10% può essere rappresentato da fiori e frutta.

  • La dieta deve essere integrata con l’aggiunta di carbonato di calcio.

  • Non si deve offrire alcun alimento di origine animale (es. insetti, uova, cibo per cani o gatti), nemmeno in percentuale minima o saltuariamente, né carboidrati (come pasta o pane) o vegetali ricchi di amido (come patate o patate dolci).

  • L’acqua deve essere sempre a disposizione in abbondanza.

Molto importante è la varietà delle verdure, sia per assicurare tutti gli elementi necessari, sia per evitare che sostanze dannose presenti in un alimento vengano somministrate in quantità eccessiva. Nella scelta degli alimenti si deve tenere conto anche del rapporto calcio:fosforo e del contenuto assoluto di calcio. Le iguane hanno infatti bisogno di un sufficiente apporto di calcio per mantenersi sane e svilupparsi adeguatamente. Un alimento non deve solo contenere molto calcio, ma deve anche avere una quantità di calcio superiore a quella di fosforo, vale a dire un rapporto calcio – fosforo favorevole. Il fosforo in eccesso, infatti, causa una perdita di calcio dall’organismo.

Per il contenuto in calcio i vegetali da preferire sono: tarassaco o dente di leone, insalata romana, scarola, radicchio, insalata belga, bietole, foglie di vite, di ibisco e di gelso. Vegetali tradizionalmente impiegati nell’alimentazione delle iguane quali zucchini, carote, pomodori, insalata comune e cetriolo sono una scelta sconsigliata in quanto poveri di calcio.

Le brassicacee (broccoli, cavoli, cavolini di Bruxelles, cavolfiore, ravizzone, cavolo cappuccio) pur essendo molto ricche di calcio devono essere somministrate in piccola quantità per il loro contenuto in tiocianati, potenzialmente tossici. Gli spinaci, il rabarbaro, le barbabietole e le bietole somministrati in eccesso possono causare problemi, in quanto contengono acido ossalico, che lega il calcio e lo rende indisponibile. Altri ingredienti da bandire dalla razione alimentare delle iguane sono i funghi (per il rapporto calcio – fosforo molto sfavorevole) e il tofu (per l’eccessivo contenuto di grassi, che tra l’altro ostacolano l’assorbimento del calcio).

Un’ottima fonte di proteine vegetali e di calcio (con un rapporto calcio – fosforo di 6:1) è rappresentata dall’erba medica, sia fresca che sotto forma di pellet. Il pellet di erba medica va aggiunto alle verdure fresche, in modo che si inumidisca e si sminuzzi.

La frutta in generale ha uno scarso contenuto in calcio e un rapporto calcio – fosforo negativo, per cui non deve rappresentare che una piccola parte dell’alimentazione. Il frutto migliore (a parte il costo) è il fico, sia fresco che secco. Ricchi di calcio sono anche mandarini, arance, papaia, anguria, mango.

Le iguane apprezzano molto alcuni tipi di piante da fiore (foglie e fiori), che possono essere somministrate se si è sicuri che non contengano antiparassitari: ibisco, nasturzio, petali di rosa, viola, gerani.

Gli elementi della dieta, verdura e frutta, devono essere sminuzzati o grattugiati e mescolati accuratamente, in modo che l’iguana non consumi solo i pezzi più graditi. Ridurre le verdure a piccoli pezzi aiuta inoltre la digestione, perché aumenta la superficie esposta all’azione della flora intestinale simbionte. Si possono preparare in anticipo dosi per una settimana, da conservare in frigo in contenitori a tenuta ermetica. Alcuni vegetali a foglia possono essere lasciati interi e dati a parte, appesi ai rami, per stimolare il normale comportamento alimentare, folivoro, delle iguane.

Le iguane presentano un’assimilazione intestinale di vitamina D3 piuttosto scarsa, per cui l’integrazione alimentare di questa vitamina non è utile, mentre è indispensabile che ricevano radiazioni UVB, sia – preferibilmente – naturali (luce solare diretta) che artificiali (lampade UVB).

Le iguane sono diurne: in natura si alimentano durante le ore centrali del giorno, quando fa caldo. Nel terrario il momento migliore per somministrare il cibo è in tarda mattinata, in modo che l’iguana abbia avuto la possibilità di riscaldarsi e abbia ancora tempo di digerire il cibo prima della diminuzione notturna della temperatura.
I pasti vanno somministrati tutti i giorni ai soggetti in crescita, 4-5 volte alla settimana agli adulti.
Sebbene le iguane ricavino la maggior parte dell’acqua dall’alimento, un recipiente di acqua fresca e pulita deve essere sempre a disposizione.

Diete commerciali

Le diete pronte, se ben formulate, sembrerebbero rappresentare la soluzione ideale come adeguatezza e praticità d’uso. Il costo relativamente elevato sarebbe compensato dal risparmio di tempo richiesto per acquistare, lavare e preparare le verdure. Purtroppo queste diete, di cui esistono in commercio diverse marche, non sempre sono formulate con la consulenza di veterinari nutrizionisti. Inoltre, in generale mancano studi a lungo termine che ne attestino la validità o quantomeno l’innocuità. Le diete asciutte (pellet o sfarinati) somministrate tal quale comportano significativi problemi di disidratazione in quanto l’acqua alimentare rappresenta per le iguane la principale fonte di questo elemento (basti pensare che il contenuto in acqua di un’insalata mista è di oltre il 90%). Vanno quindi utilizzate inumidite e mescolate ai vegetali freschi.
Fino a che non saranno disponibili studi approfonditi le diete commerciali non devono rappresentare che una piccola percentuale della dieta complessiva.

Integrazione minerale-vitaminica

L’impiego di integratori minerali e/o vitaminici nei rettili in generale, e nelle iguane in particolare, pone dei grossi problemi pratici. In generale, i numerosi prodotti disponibili in commercio non sono adeguatamente o per nulla testati e, addirittura, in alcuni casi l’etichetta non rispecchia l’effettivo contenuto.
Come indicazione generale, il rapporto tra vitamina A, D ed E deve essere di 100:10:1. Nel calcolare il dosaggio si deve valutare il contenuto in vitamina A, in quanto non si deve superare la somministrazione consigliata di questa vitamina (56 U per chilo di peso corporeo al giorno). Ciò comporta tuttavia il rischio teorico di carenza di altri microelementi.
Il metodo più sicuro, efficace ed economico di integrare il calcio è di somministrare carbonato di calcio, in vendita nelle farmacie come integratore ad uso umano. Il fosfato di calcio va evitato in quanto non permettere di correggere lo squilibrio calcio-fosforo, dal momento che apporta anche quest’ultimo elemento.

Come si maneggiano

Le giovani iguane hanno un’istintiva paura delle persone, che percepiscono come potenziali predatori. Se si cerca di afferrarle è quindi naturale che tentino di sfuggire, ma se vengono prese in mano regolarmente e maneggiate con delicatezza (ma con fermezza) con il tempo in genere si abituano. In genere le iguane maneggiate regolarmente divengono molto docili e alcune sembrano apprezzare il contatto umano; alcune restano talvolta aggressive e risentono costantemente delle manipolazioni. Durante la fase di addomesticamento è importante evitare di lasciare il rettile ogniqualvolta si divincola, altrimenti sarà lui a insegnare a noi come comportarci (ossia lasciarlo andare a comando) e non viceversa. Si potrà rimettere l’iguana nel terrario solo quando si sarà calmata e avrà accettato di farsi tenere in mano per qualche minuto. Quando si maneggiano questi rettili è importante tenere a mente che sono in grado di perdere volontariamente la coda se si sentono aggrediti, quindi non dovremo mai afferrarli per la coda.
Un’iguana di piccole dimensioni va afferrata circondandole il torace con una mano e appoggiandola sull’altra mano o sull’avambraccio. Occorre una presa delicata, per non farle del male, ma allo stesso tempo decisa e costante, per evitare che con una mossa repentina ci sfugga di mano. Dovendo sollevare un’iguana di grandi dimensioni, se docile, si pone un braccio sotto il tronco, per sostenerla, e una mano sopra il torace, per trattenerla. I soggetti aggressivi e mordaci vanno avvicinati con una certa cautela, perché possono fare del male mordendo, graffiando e frustando con la coda. Possono essere immobilizzati circondano le spalle con una mano e il bacino con l’altra, afferrando contemporaneamente le zampe posteriori perché non graffino; la coda va infilata sotto un braccio per impedirle di frustare. In alcuni casi può essere utile avvolgere il rettile in un grosso asciugamano, coprendo anche la testa per impedirgli di vedere.
È possibile portare all’aperto l’iguana assicurandola con un apposito guinzaglio da fissare intorno al tronco, in modo che non scappi. In questo modo la si può esporre al sole durante le belle giornate.

Legislazione

L’iguana è elencata nell’Appendice II del CITES e richiede quindi un documento legale che attesti la regolare importazione. Quando si compra un’iguana è importante verificare che l’animale possieda un documento CITES, il cui numero va riportato nel foglio di acquisto. Il mancato rispetto di questa norma comporta sanzioni molto pesanti e il possibile sequestro del rettile.

Chrysemys picta

Sottospecie

C. p. bellii
C. p. dorsalis
C. p. marginata
C. p. picta

Origine e habitat naturale

Ha un ampio range di distribuzione che va dal Canada meridionale attraverso gli Stati Uniti fino al Messico. E’ acquatica e preferisce acque basse e lente (paludi, acquitrini, laghi, ruscelli) con abbondante vegetazione e in vicinanza di aree soleggiate. Lungo la costa atlantica la si trova anche in acque salmastre. Ama esporsi al sole e passa in questo modo molte ore al giorno. In inverno va in letargo sott’acqua. E’ onnivora e si alimenta di piante e di animali vivi o morti. I giovani sono più carnivori rispetto agli adulti.

Descrizione

Può raggiungere una taglia di 25 cm. Il carapace è appiattito, ovoidale, liscio, olivastro o nero, con linee gialle o rosse e con strisce rosse sugli scuti marginali. Può essere presente una striscia mediana gialla o rossa. Il piastrone è giallo; in C. p. bellii è rosso con un disegno nero. La cute è nera od olivastra, con strisce rosse o gialle.

Dimorfismo sessuale

Nelle tartarughe si può distinguere il sesso solo nei soggetti adulti. I maschi raggiungono una taglia inferiore rispetto alle femmine; hanno la coda più lunga con la cloaca posta più lontano dal margine del piastrone e hanno le unghie degli arti anteriori più lunghe.

Mantenimento in cattività

I giovani vanno allevati in acquari forniti di una parte emersa riscaldata; la profondità dell’acqua deve essere di 10-15 cm per i neonati (che sono ottimi nuotatori) e aumentare proporzionalmente man mano la tartaruga cresce, fino a 60 cm per gli adulti.
Uno dei fattori fondamentali per la prevenzione delle malattie è la qualità dell’acqua, che deve essere mantenuta più pulita possibile con l’utilizzo di un buon sistema di filtraggio. Per mantenere l’acqua più pulita è utile alimentare i soggetti in una bacinella a parte, e rimetterli nell’acquario un’ora circa dopo il pasto. Questo è abbastanza pratico da realizzare con gli adulti, che richiedono di essere alimentati due o tre volte la settimana.
La zona asciutta deve essere riscaldata con una lampada che crei un punto caldo di 32°C, e accanto va posta una lampada UVB. La temperatura dell’acqua deve essere di 24-26°C di giorno, con una riduzione di circa 5°C di notte. Ciò si ottiene con dei riscaldatori collegati a un termostato, facendo attenzione che le tartarughe, specialmente quelle più grosse, non li danneggino. E’ sconsigliabile porre il terrario di fronte a una finestra perché con il sole si surriscalderebbe facilmente. Non si deve utilizzare come materiale per il fondo sabbia, ghiaia o altro materiale costituito da particelle che possano essere ingoiate, perché causano facilmente costipazione intestinale.
Durante le giornate calde e soleggiate è un’ottima pratica permettere alle tartarughe di esporsi alla luce solare diretta. Si deve prestare la massima cura ad evitare problemi di surriscaldamento, soprattutto per gli esemplari più piccoli, fornendo la possibilità di ripararsi all’ombra. La sistemazione ideale consiste nell’allestimento di un laghetto all’aperto, posto in una zona soleggiata, con la possibilità di uscire dall’acqua ed esporsi al sole. In queste condizioni gli esemplari adulti possono stare tutto l’inverno all’aperto, andando il letargo sul fondo (nelle zone montane vanno invece ricoverate in un locale non riscaldato durante l’inverno e mantenuti a 10°C).

Alimentazione

Le tartarughe piccole devono essere alimentate tutti i giorni; man mano che crescono la frequenza dei pasti va diminuita, fino ad arrivare a 2-3 volte alla settimana negli individui adulti.
In cattività si deve offrire una varietà più ampia possibile di alimenti: pesciolini; lombrichi; lumache e molluschi; tubifex; pellet per cani di tipo magro; pellet commerciale per trote; insalata; carote grattugiate e foglie di carota, fagiolini, tarassaco, trifoglio; piccole quantità di frutta e altri alimenti adatti alla dieta delle tartarughe erbivore. Va in ogni caso evitata l’alimentazione con un solo tipo di alimento, soprattutto con l’uso esclusivo di gamberetti secchi.

Legislazione

C. picta è in Allegato B del regolamento CE: significa che può essere detenuta e venduta ma con la relativa documentazione ai fini CITES o l’attestazione (copia del verbale di nascita) di esemplare nato in cattività in un paese dell’Unione Europea.

Geochelone pardalis

Sottospecie

G. p. babcocki
G. p. pardalis

La sottospecie più comune è G. p. babcocki ed è quella che solitamente si trova in commercio in Europa.

Origine e habitat naturale

E’ originaria dell’Africa occidentale e meridionale. G. p. babcocki è distribuita in Africa occidentale dall’Abissinia alla Repubblica del Sud Africa. G. p. pardalis occupa un areale più limitato, la parte occidentale della Repubblica del Sud Africa e il sud della Namibia. Si trova preferibilmente in praterie e savane semi-aride, ma a volte occupa habitat più piovosi.

Descrizione

Geochelone pardalis è la più grande tartaruga terrestre africana dopo Geochelone sulcata, e una delle più belle tartarughe di terra. Le dimensioni possono arrivare ad oltre 60 cm, con un peso di ben 35 kg; la sottospecie babcocki ha una taglia inferiore. Il carapace è molto convesso, con una colorazione di fondo marrone chiaro con macchie nere che formano delle strie radiali. Nei giovani la colorazione nera forma un anello continuo intorno all’areola (la parte centrale dello scuto).
G. p. babcocki
presenta un carapace con una forma maggiormente a cupola negli adulti, rispetto a G. p. pardalis. I giovani delle due sottospecie possono essere distinti dalla colorazione dell’areola degli scuti centrali e laterali: in G. p. babcocki vi è una sola macchia nera, mentre in G. p. pardalis ce ne sono due o più.

 Dimorfismo sessuale

Non vi sono differenze molto evidenti tra i sessi; il maschio presenta una lieve concavità a livello del terzo posteriore del piastrone e ha la coda più lunga. In G. p. babcocki il maschio è più piccolo della femmina, in G. p. pardalis il maschio è più grande. La differenza tra i sessi si può notare solo nei soggetti maturi, nei piccoli è impossibile determinare il sesso.

Mantenimento in cattività

È assolutamente sconsigliato comprare esemplari di cattura, sia per motivi etici, che per ragioni più pratiche. Le tartarughe di cattura subiscono condizioni di stress terribili in seguito alla cattura, al viaggio e al ricovero in condizioni inadeguate. Sono spesso pesantemente infestate da parassiti e debilitate, hanno difficoltà ad ambientarsi e presentano un tasso di mortalità elevato. I piccoli nati in cattività si adattano molto meglio e sono in genere robusti.
G. pardalis
non è una tartaruga adatta a tutti perché, a causa delle dimensioni, richiede molto spazio. Se tenuta all’aperto occorre allestire ampi recinti particolarmente robusti, che altrimenti potrebbero essere facilmente divelti. Anche i soggetti giovani devono essere preferibilmente allevati all’aperto, anziché in terrario, quando la stagione è favorevole. In questo caso il recinto deve impedire che i piccoli possano scappare o essere aggrediti da un cane, ad esempio. Nel recinto deve essere sempre presente una zona d’ombra, in cui gli animali possano rifugiarsi dal caldo eccessivo. Appena le condizioni climatiche peggiorano, le tartarughe vanno subito ricoverate all’interno al caldo.
Per vivere bene questi rettili necessitano di molta luce diretta e calore costante, pertanto durante i periodi freddi è indispensabile fornire un ambiente protetto dalle intemperie e riscaldato. Non tollerano il freddo è l’umidità, e non vanno in letargo d’inverno. Durante l’inverno e durante i periodi di tempo brutto i piccoli possono essere sistemati in terrario riscaldato, in cui devono essere presenti diverse lampade UVB e lampadine riscaldanti; si deve creare un gradiente di temperatura che vada da 22°C nella zona più fresca ad un punto caldo di 31°C. Di notte la temperatura può scendere di alcuni gradi, ma non al di sotto di 16°C.
Il classico terrario di tipo chiuso non è adatto, perché non garantisce un’adeguata ventilazione e la presenza di un microclima adeguato, predisponendo all’insorgere di infezioni respiratorie. È preferibile che un lato sia aperto in alto, o che non sia presente il coperchio. Sul fondo si può collocare del terriccio misto a sabbia, mentre il pellet di mais e la segatura sono controindicati perché se ingeriti causano ostruzione intestinale.
La sistemazione per i soggetti adulti è analoga, ma ovviamente lo spazio deve essere molto maggiore; per un paio di adulti le dimensioni minime dovrebbero essere di 6 m x 4 m. se. Più che un terrario, conviene allestire un piccolo recinto in una stanza appositamente dedicata, fornito di lampade riscaldanti e UVB come per i giovani. Confinate in uno spazio angusto, questa tartaruga va incontro ad atrofia muscolare per mancanza di esercizio.
Deve essere sempre garantita la disponibilità di acqua per bere; il recipiente deve essere basso e ampio, in modo che le tartarughe possano entrarvi facilmente con tutto il corpo e immergervi. Il livello dell’acqua deve arrivare a coprire il piastrone (la parte inferiore della corazza). Poiché le tartarughe solitamente defecano in acqua, occorre tenere il recipiente dell’acqua scrupolosamente pulito.

Alimentazione

Geochelone pardalis è strettamente erbivora, e richiede una dieta ad elevato contenuto di fibra. La maggior parte della dieta deve essere costituita da erbe e fieno, e per il restante da piante di campo (in particolare tarassaco, piantaggine, trifoglio); anche le foglie dei fichi d’india, che consuma avidamente, sono adatti alla sua alimentazione in quanto sono ricchi di calcio. Altri alimenti adatti sono le foglie di rovo, fiori e foglie di ibisco, le fogli di Aloe vera.
Le verdure coltivate come radicchio, insalata, indivia, coste, zucchini, possono essere offerti occasionalmente, ma il loro valore nutritivo è limitato rispetto alle piante di campo.
La frutta causa disturbi digestivi anche gravi e non fa parte della dieta di questo rettile. La somministrazione di proteine animali, anche in quantità modesta è dannosa: causa una crescita deforme del carapace e danni renali. Nei soggetti in accrescimento e nelle femmine gravide la richiesta di calcio è particolarmente alta. L’integrazione di calcio si può effettuare lasciando a disposizione dell’osso di seppia da sgranocchiare e cospargendo leggermente il cibo con carbonato di calcio, che si trova in vendita in farmacia.

Legislazione

Geochelone pardalis è in appendice II CITES e in allegato B del Regolamento CE 2724/2000. Significa che per essere legalmente commercializzata e detenuta deve possedere la relativa documentazione CITES o l’attestazione (copia del verbale di nascita) che dimostra che si tratta di un esemplare nato in cattività in un paese dell’Unione Europea.

Geochelone (Centrochelys) sulcata

Origine e habitat naturale

Questa tartaruga proviene dall’Africa sub sahariana: Etiopia, Eritrea, fino al Senegal e alla Mauritania. Abita le savane e le boscaglie di acacia, ambienti caldi e aridi, dove l’acqua è molto scarsa. Il suo metabolismo è ben adattato alla conservazione dell’acqua, che ricava per la massima parte dalla vegetazione di cui si alimenta. Durante i periodi più caldi scava profonde gallerie nel terreno per difendersi dalla calura e trovare un microhabitat con un livello di umidità superiore a quello dell’ambiente di superficie.

Descrizione

Dopo le tartarughe giganti delle Galapagos e delle Seychelles, G. sulcata è la più grande delle tartarughe di terra: può arrivare a oltre 75 cm di lunghezza e 50 kg di peso, anche se la lunghezza media degli adulti è di 45 cm. Il carapace ha una colorazione ocra, più scura al margine degli scuti. La pelle è color ocra. Gli arti sono protetti da scaglie molto pronunciate. A livello della faccia posteriore della regione femorale sono presenti due o più tubercoli ben evidenti. I neonati misurano 5-7,5 cm di lunghezza; la loro crescita è molto rapida e ad un anno di età arrivano a misurare 15-25 cm.

Dimorfismo sessuale

I maschi sono più grossi delle femmine, hanno il piastrone più concavo e la coda è di dimensioni maggiori. Nel maschio gli scuti anali, nel piastrone, formano un angolo più ampio rispetto alla femmina. Come per tutte le tartarughe, la differenza tra i sessi si rende evidente solo al raggiungimento della maturità sessuale.

Mantenimento in cattività

Geochelone sulcata è una tartaruga che, sebbene robusta, non è adatta a tutti a causa delle dimensioni notevoli che raggiunge in poco tempo. Prima dell’acquisto è quindi indispensabile valutare la possibilità di alloggiarla in modo adeguato anche dopo qualche anno. G. sulcata richiede molto spazio: le dimensioni minime per un neonato sono di almeno 60 cm x 60 cm e per un adulto di 2,5 m x 2,5 m). Poiché è una tartaruga molto forte, richiede la costruzione di recinti particolarmente robusti, che altrimenti potrebbero essere facilmente divelti.

Sia i giovani che gli adulti devono essere preferibilmente allevati all’aperto, anziché in terrario o al chiuso, quando la stagione è favorevole. Per vivere bene questi rettili necessitano di molta luce diretta e calore costante, pertanto durante i periodi freddi è indispensabile fornire un ambiente protetto dalle intemperie e riscaldato. Non tollerano il freddo e l’umidità e non vanno in letargo.

In terrario è necessario predisporre delle lampade UVB. I raggi UVB sono indispensabili per la formazione di vitamina D, che serve ad assimilare il calcio presente nell’alimento; la fonte migliore di raggi UVB è rappresentata dalla luce solare diretta (non filtrata da vetro, plastica o plexiglas); nel terrario, in mancanza di luce solare, devono essere presenti lampade UVB per rettili, da sostituire regolarmente dopo 6-12 mesi di utilizzo.

Il terrario va riscaldato mediante lampade riscaldanti, che offrano un calore radiante simile a quello fornito dal sole; si deve creare un gradiente di temperatura che vada da 26°C nella zona più fresca ad un punto caldo di 30°C, direttamente sotto la fonte di calore. Durante la notte il calore va fornito con lampade che non emettono luce (ad esempio lampadine di ceramica o lampadine rosse o blu), per non disturbare il riposo notturno, e la temperatura può scendere a 21-26°C.

È sconsigliato l’utilizzo di terrari chiusi, simili a quelli da serpenti, perché non garantiscono un’adeguata aerazione. È preferibile usare terrari di tipo aperto, senza coperchio. Il substrato ideale è rappresentato da fieno, che può fungere anche da alimento, e che se ingerito non causa problemi di costipazione e ostruzione intestinale come può accadere con altri tipi di materiale quale terriccio, segatura, pellet di pannocchia e simili.

Deve essere sempre garantita la disponibilità di acqua lasciando a disposizione delle tartarughe un recipiente d’acqua basso ma sufficientemente ampio da permettere loro di immergersi completamente. La mancanza di un’adeguata fonte di acqua porta rapidamente a problemi renali e di disidratazione.

Alimentazione

Geochelone sulcata è una tartaruga strettamente erbivora, e richiede una dieta ad elevato contenuto di fibra come ad esempio erbe di campo, trifoglio, tarassaco ed erba medica; anche le pale dei fichi d’india, che consuma avidamente, sono adatti alla sua alimentazione. Se reperibili, le foglie di rovo, vite e gelso sono un’altra buona alternativa; inoltre si può sempre lasciare a disposizione fieno fresco e pulito. Ci si deve assicurare che tutti gli alimenti siano privi di pesticidi o altre sostanze tossiche. La frutta causa disturbi digestivi anche gravi e va evitata. Anche la somministrazione di proteine animali è dannosa, e causa una crescita deforme del carapace e danni renali.

La crescita è molto rapida, e richiede un notevole apporto di calcio sotto forma di integratori; un ottimo ed economico integratore è rappresentato dal calcio carbonato, in vendita nelle farmacie, da spolverare leggermente sull’alimento. Si può anche lasciare a disposizione dell’osso di seppia (costituito da calcio carbonato) che spesso questi rettili consumano volentieri. Gli integratori di calcio che contengono anche fosforo, invece, sono da evitare. Se l’esposizione alla luce solare diretta è sufficiente, non è necessario fornire vitamina D.

Problemi legati alla crescita distorta del carapace

Nelle G. sulcata allevate in cattività si osserva molto spesso un’alterazione dello sviluppo della corazza che, anziché mostrare una superficie a cupola, liscia e regolare, presenta gli scuti rialzati al centro come tante piramidi (da qui il termine di crescita piramidale). Questa malformazione nelle tartarughe terrestri è in genere attribuita ad errori alimentari (eccesso di proteine, soprattutto animali, carenze minerali) ma sembra che in G. sulcata la causa possa anche essere legata a un microhabitat troppo asciutto. Pur essendo originaria dei climi aridi, infatti, questa tartaruga nel suo ambiente naturale scava profonde gallerie in cui è presente un’umidità ambientale relativamente più elevata della superficie esterna. Per questo è importante che sia sempre a disposizione un contenitore d’acqua in cui possano immergersi.

Legislazione

G. sulcata è in appendice II CITES e in allegato B del Regolamento CE 2724/2000, pertanto può essere venduta solo se possiede i necessari documenti che ne attestino la provenienza legale.

Testudo horsfieldii – Tartaruga russa

Sottospecie

T. h. horsfieldii
T. h. kazakhstanica
T. h. rustamovi

Origine e habitat naturale

Ha una distribuzione piuttosto vasta, dalla costa sud – orientale del Mar Caspio fino ad Iran, Afganistan e Pakistan, e ad est fino alla Cina occidentale. Occupa ambienti aridi, deserti rocciosi, steppe delle regioni montagnose, fino ad un’altezza di 1.600 metri (ma alcuni soggetti sono stati trovati fino a 2.300 m), ambienti con forti sbalzi climatici. Si trova più di frequente accanto a fonti d’acqua, dove la vegetazione è più abbondante. Per riparasi dalle temperature estreme scava nel terreno gallerie lunghe anche 2 metri, e a volte occupa le tane abbandonate scavate dai mammiferi. Nella parte più a nord del suo range T. horsfieldii va in letargo durante l’inverno, mentre nella parte più a sud va in estivazione d’estate.

Descrizione

Le dimensioni variano da 17 a 22 cm circa. Il carapace è rotondeggiante e appiattito; lo scuto sopracaudale è unico. La corazza ha una colorazione variabile da marrone chiaro a giallo bruno, con dei disegni marrone scuro. Il piastrone non ha cerniere, ed è solitamente nero con i bordi degli scuti marroni; in alcuni soggetti è completamente nero. La pelle è giallastra. Ai lati della coda spesso sono presenti dei tubercoli, più grandi nei maschi. La punta della coda presenta un astuccio corneo. E’ abbastanza caratteristica la presenza di sole quattro dita in tutti gli arti.

Dimorfismo sessuale

I maschi sono più piccoli, hanno una coda più lunga con l’apertura cloacale più lontano dalla base della coda.

Mantenimento in cattività

E’ essenziale fornire a T. horsfieldii condizioni climatiche adeguate perché possa sopravvivere in cattività: questa tartaruga richiede, infatti, un habitat arido. Occorre allestire una sistemazione all’aperto con un terreno soleggiato, asciutto e ben drenato, fornito di qualche cespuglio, circondato da una solida recinzione alta almeno 45 cm. La protezione dal freddo viene offerta da una piccola serra posta in una zona soleggiata. Il fondo erboso o un terreno umido causano problemi di salute. Si deve porre particolare cura per evitare la fuga, perché questa tartaruga è discretamente abile nell’arrampicarsi e può anche scavare profondi tunnel. Si adatta bene al freddo, purché asciutto; un clima freddo e umido è rapidamente fatale.
Queste tartarughe si adattano male alla vita in terrario, per la difficoltà di creare un microclima adeguato. In alternativa, occorre costruire al chiuso un recinto di un paio di metri per lato, fornito di lampade UVB e una lampada riscaldante che crei un punto caldo localizzato, con un substrato di ghiaia e sabbia profondo almeno 10 cm e dei nascondigli. L’ambiente deve essere asciutto, perché non tollera l’umidità. La temperatura ideale diurna è nel range di 22-28°C, mentre quella notturna deve abbassarsi a 18-20°C. I soggetti di recente importazione non devono essere fatti ibernare per il primo inverno, e vanno mantenuti al caldo in terrario.

Alimentazione

T. horsfieldi è strettamente erbivora; l’alimentazione è analoga a quella richiesta per le altre tartarughe del genereTestudo, e deve essere composta dalle piante che crescono spontaneamente in prati e giardini: erba, trifoglio, tarassaco, piantaggine, fiori, ecc. Altri alimenti adeguati sono l’erba medica e le foglie di fico d’India.
Se la tartaruga ha a disposizione a sufficienza di questo tipo di alimento non necessita di altri alimenti o di integrazione. I vegetali coltivati rappresentano una scelta nettamente inferiore, e vanno dati sporadicamente, nei periodi in cui sia carente l’alimento naturale. Si possono offrire ad esempio cavoli (di vari tipi), ravizzone, lattuga, prezzemolo, foglie di carota, cardo, peperoni dolci rossi e verdi, zucchini, ecc. Totalmente controindicati e dannosi sono i carboidrati (pane, pasta, ecc.), il latte e i derivati del latte (ad esempio la mozzarella), qualunque alimento contenente proteine animali (carne, cibo per cani e gatti, mangime per tartarughe onnivore, larve di insetti).
Non deve mai mancare un basso recipiente d’acqua, sempre fresca e pulita.

Legislazione

Testudo horsfieldii è in appendice II CITES e in allegato B del Regolamento CE 2724/2000. Significa che per essere commercializzata e detenuta deve possedere la relativa documentazione CITES o l’attestazione (copia del verbale di nascita) che dimostra che si tratta di un esemplare nato in cattività in un paese dell’Unione Europea.

Testudo marginata

Classificazione

Sottordine Cryptodira
Superfamiglia Testudinoidea
Famiglia Testudinidae

Sottospecie

La classificazione attuale non riconosce sottospecie. E’ stata recentemente identificata una popolazione del Peloponneso di taglia più ridotta, che è stata proposta come specie a sé con il nome di Testudo weissingeri . La popolazione sarda era stata descritta come sottospecie a parte (Testudo marginata sarda), ma successivamente si è ritenuto di considerarla solo una forma di T. marginata.

Origine e habitat naturale

Il suo areale di distribuzione comprende Albania sud – occidentale, Grecia, Isole Egee di Skyros e Poros. In Sardegna e in qualche località della Toscana esistono popolazioni introdotte da secoli. L’habitat naturale è rappresentato dalla macchia mediterranea (Sardegna e Toscana) e da zone collinose a boscaglia a ridosso dei campi coltivati.

Descrizione

T. marginata è la più grande del genere Testudo; le dimensioni medie dei maschi sono di 25-30 cm, quelle delle femmine di 24-28 cm. Le femmine pesano più dei maschi di pari lunghezza, perché hanno una maggiore circonferenza.
T. marginata
è caratterizzata da una forte svasatura del margine posteriore della corazza, non presente nei soggetti giovani, che permette di identificarla con facilità. Lo scuto sopracaudale non è diviso. Il carapace è nero o bruno scuro; le areole centrali e laterali sono solitamente gialle, ed è presente una banda gialla sugli scuti laterali. Il piastrone è giallo, e su ogni scuto è presente una caratteristica macchia nera a forma di triangolo con la base rivolta anteriormente e l’apice verso la coda. La testa è molto scura; le zampe sono scure o marrone giallastre. Sulla parte posteriore delle cosce può essere presente un piccolo tubercolo, come pure sulla punta della coda.
I giovani hanno una colorazione molto più chiara, abbastanza variabile, con il carapace marrone chiaro con un disegno più scuro sui margini anteriore e laterale degli scuti centrali e laterali. Sono comunque facilmente riconoscibili fin dalla nascita per il tipico disegno a triangoli scuri degli scuti del piastrone.

Dimorfismo sessuale

La differenza tra i sessi è piuttosto evidente. Il maschio adulto è leggermente più grande, e presenta un restringimento a metà della corazza. Il suo piastrone è leggermente concavo, mentre nella femmina è liscio. La coda è più lunga e larga, l’apertura cloacale è più lontana dalla base della coda e la testa più grossa. Il margine posteriore della corazza è più svasato che nelle femmine.

Mantenimento in cattività

Questa tartaruga, essendo originaria dell’area mediterranea, nei nostri climi si presta molto bene ad essere allevata all’aperto, soprattutto nel centro-sud. Nel nord Italia può essere allevata anche nella Pianura Padana, al cui clima, anche se più umido di quello originario, si adatta piuttosto bene. Invece non si presta ad essere allevata in terrario.
Dal momento che queste tartarughe amano muoversi ed esplorare l’ambiente, e che devono trovare al pascolo l’alimento di cui hanno bisogno, la loro sistemazione ideale è rappresentata da un giardino soleggiato e a prova di fuga, o comunque un ampio spazio recintato ricco di erbe di campo. La presenza di una recinzione è indispensabile sia per prevenire la fuga delle tartarughe, sia per impedire che vengano aggredite da cani, e inoltre per evitare che vengano schiacciate dalle automobili (eventualità purtroppo molto frequenti). La recinzione deve essere interrata per almeno 10 cm, per evitare che le tartarughe possano fuggire scavando una galleria al di sotto, e deve essere liscia, perché spesso questi rettili hanno discrete capacità di arrampicarsi, e alta almeno 40 cm. La superficie ideale è di almeno 10 m2 per tartaruga. La presenza di bassi cespugli permette di creare indispensabili ripari e zone d’ombra.
E’ molto importante separare i maschi delle femmine, altrimenti il corteggiamento e il continuo accoppiamento dei maschi finirà per creare alla corazza delle femmine delle gravi lesioni. Si deve tenere presente che il rapporto ideale è di un maschio per 5-6 femmine. Anche se si tengono insieme più maschi, questi si creeranno lesioni alla corazza, che in certi casi possono essere tanto gravi da portare alla morte il rettile.
Per riparare le tartarughe nelle serate più fresche, in primavera ed in autunno, si deve predisporre una casetta di legno, ben isolata, perché le tartarughe trovino riparo dal freddo e dall’umidità eccessiva. Il pavimento deve essere leggermente rialzato per evitare l’acqua in caso di pioggia. All’interno si possono mettere dei giornali o delle foglie secche.
Nell’habitat naturale T. marginata va in letargo da novembre ad aprile; nell’Italia del Nord il letargo generalmente è anticipato di un mese. Nelle aree più a Sud, quando la temperatura aumenta molto queste tartarughe subiscono un periodo di estivazione.
Lo stimolo per la preparazione al letargo è determinato dalla diminuzione della temperatura diurna e delle ore di luce, che determina la sospensione dell’alimentazione: in questo modo il rettile ha modo di svuotare l’apparato digerente. In caso contrario il cibo contenuto nel tratto digerente andrebbe in putrefazione con gravi conseguenze per la salute. Solo animali in condizioni fisiche ottimali, con sufficienti riserve di grasso accumulate durante la stagione calda, devono essere lasciati ibernare. Gli animali che non rispondono a questi requisiti, che sono malati, debilitati o sottopeso non devono essere lasciati andare in letargo, ma vanno mantenuti al caldo per tutto l’inverno, in un terrario ben allestito, affinché possano essere alimentati e/o curati.
Le tartarughe possono essere lasciate andare in letargo all’aperto oppure al chiuso. Ognuno dei due sistemi ha dei vantaggi e degli svantaggi. Se ben organizzata, la seconda scelta è la migliore in quanto è più sicura per l’animale. Per effettuare il letargo al chiuso si utilizza un contenitore di dimensioni adeguate, che può essere rappresentato da una scatola di cartone, di legno o di polistirolo, poco più grande della tartaruga, con delle piccole aperture per il passaggio dell’aria. Lo si riempie con un substrato quale paglia, foglie secche o pezzi di giornale e lo si pone dentro un contenitore più grande, con le stesse caratteristiche, riempito con lo stesso tipo di materiale. In questo modo, se anche la tartaruga si sposta dentro il primo contenitore, rimane sempre isolata dall’ambiente esterno.
Il contenitore va sistemato in una stanza, ad esempio una cantina o un garage, con una temperatura non superiore a 10°C. La situazione ideale consiste nell’utilizzare delle apposite strutture con un monitoraggio costante della temperatura e un’adeguata aerazione.
Il letargo all’aperto comporta rischi maggiori per l’animale (congelamento, attacco da parte di roditori). Si deve scegliere una zona di terreno morbido al riparo dal vento, ben drenata, dove la tartaruga s’interrerà. Sopra si sparge del fieno o delle foglie secche.
La temperatura ottimale durante il letargo deve essere di circa 5°C. Temperature inferiori a 2°C si possono essere potenzialmente pericolose, mentre sopra gli 11°C gli animali tendono a diventare attivi. A temperature al di sotto dello zero si possono verificare lesioni oculari o cerebrali, con danni irreversibili anche per esposizioni brevi. Questi problemi si riscontrano generalmente in animali lasciati ibernare all’aperto senza adeguata protezione.
Uno dei principali errori che si commettono nella gestione delle tartarughe in letargo è di lasciarle ad una temperatura intermedia tra quella ottimale e quella del letargo, dal momento che in queste condizioni il metabolismo continua, anche se ad un ritmo più lento, ma l’animale non si alimenta, consumando le sue riserve energetiche ad un ritmo troppo elevato. Si calcola che per ogni mese di letargo effettuato in condizioni ideali una tartaruga perda l’1% del proprio peso corporeo. Il periodo di letargo non deve superare una durata di 20 settimane, il che nei nostri climi non rappresenta in genere un problema.
Al termine del letargo è indispensabile permettere alle tartarughe di bere; per stimolare l’assunzione d’acqua sono molto utili dei bagni in un recipiente con un paio di centimetri d’acqua, in cui la tartaruga può essere lasciata per un’ora.
Se è necessario ricoverare una T. marginata in terrario (per motivi di salute, per tenerla in osservazione, perché non è in grado di affrontare il letargo) occorre fornire condizioni ambientali che simulino quelle naturali. Il range ottimale di temperatura è di 24-27°C durante il giorno e di 18°C durante la notte. Ad un’estremità del terrario si pone una lampadina riscaldante che crei un punto caldo di circa 32°C e accanto a questa un tubo al neon a spettro completo con emissione di UVB, che stia a non più di 40 cm di distanza dal fondo. Il ciclo luce – buio deve essere di 12-12 ore.
Durante la notte il riscaldamento va effettuato con fonti di calore che non emettono luce (materassini riscaldanti, lampade di ceramica o a luce blu o rossa). E’ indispensabile collocare nel terrario due termometri (uno nel punto più fresco e uno sotto il punto caldo) per verificare il gradiente di temperatura.
L’ideale è utilizzare un terrario di tipo “aperto”, senza coperchio, che permette un ricambio d’aria ottimale. Il materiale migliore per il fondo è rappresentato da fogli di giornale, da cambiare ogni volta che si rende necessario. Materiali corpuscolati (sabbia, segatura, trucioli) comportano elevati rischi di ingestione e costipazione.
Nel terrario vanno posti dei rifugi nella parte più fresca, e non deve mancare un basso recipiente d’acqua in cui il rettile possa entrare ed uscire senza problemi. Dal momento che le tartarughe tendono a defecare in acqua, questa va cambiata ogni volta che si sporca, e comunque almeno una volta al giorno.
Questo tipo di sistemazione è adatta anche alle tartarughe neonate per far loro trascorrere il primo inverno al caldo. Negli anni successivi è però opportuno permettere loro di effettuare il letargo.

Alimentazione

Le tartarughe mediterranee sono specie strettamente erbivore; qualunque fonte di proteine animali deve essere totalmente bandita dalla loro dieta. La dieta in cattività deve rispecchiare più possibile quella naturale: ricca di fibra, minerali, microelementi e vitamine, povera di grassi e con poche proteine vegetali.
L’alimentazione ideale è composta dalle piante che crescono spontaneamente in prati e giardini: erba, trifoglio, tarassaco, piantaggine, fiori, ecc. Altri alimenti adeguati sono l’erba medica e le foglie di fico d’India. Se la tartaruga ha a disposizione a sufficienza di questo tipo di alimento non necessita di altri alimenti o di integrazione.
I vegetali coltivati rappresentano una scelta nettamente inferiore, e vanno dati sporadicamente, nei periodi in cui sia carente l’alimento naturale. Si possono offrire ad esempio cavoli (di vari tipi), ravizzone, lattuga, prezzemolo, foglie di carota, cardo, peperoni dolci rossi e verdi, zucchini, ecc.
Tutti gli ingredienti devono essere ridotti in pezzi adeguati alla taglia degli animali, mescolati in un grande recipiente e cosparsi con un integratore multi – minerale e vitaminico di qualità e con carbonato di calcio.
La frutta va evitata perché in quantità eccessiva causa gravi disordini intestinali; inoltre non contiene adeguati livelli di calcio.
Le specie erbivore alimentate con una quantità eccessiva di proteine vanno incontro a una crescita deforme della corazza, che appare “bozzellata” anziché liscia ed è troppo tenera a causa dell’insufficiente calcificazione, e a gravi problemi a carico del fegato e dei reni. Ciò può essere causato non solo dalla somministrazione di carne e di alimenti per cani e gatti, ma anche di fagioli, piselli, fagioli germinati e simili alimenti vegetali ricchi di proteine.
L’insalata brasiliana va evitata perché è particolarmente scarsa dal punto di vista nutritivo. Totalmente controindicati e dannosi sono i carboidrati (pane, pasta, ecc.), il latte e i derivati del latte (ad esempio la mozzarella), qualunque alimento contenente proteine animali (carne, cibo per cani e gatti, mangime per tartarughe onnivore, larve di insetti).
Non deve mai mancare un basso recipiente d’acqua, sempre fresca e pulita, a cui la tartaruga possa facilmente accedere per immergersi a bere.

Legislazione

Testudo marginata è in appendice II CITES e in allegato A del Regolamento CE 2724/2000. Significa che è una specie protetta e non può essere detenuta o venduta (salvo deroghe particolari), a meno che non si tratti di un soggetto nato in cattività. Anche in tal caso, per essere venduto, deve essere reso riconoscibile mediante vari mezzi (ad esempio l’inserimento del microchip, se la tartaruga è lunga almeno 10 cm o ha almeno 5 anni di età, oppure la foto di piastrone e carapace) e accompagnato sempre dalla relativa documentazione legale. In caso di cessione gratuita sono sufficienti i documenti forniti dall’allevatore.
Inoltre, rientrando nella fauna protetta, se si trova casualmente una di queste tartarughe non la si può tenere. È possibile però denunciarne il ritrovamento al Corpo Forestale dello Stato e chiederne l’affidamento, se l’ambiente in cui viene rinvenuta non è idoneo alla sua sopravvivenza (ad esempio nei pressi di un centro abitato dove rischia di venire schiacciata dalle automobili), o se viene trovata ferita o malata.

Trachemys scripta

Trachemys scripta, con le sue 15 sottospecie, è la tartaruga che presenta la maggiore variabilità. T. s. elegans è la comunissima tartaruga dalle orecchie rosse, la tartaruga d’acqua dolce più comune e diffusa, specialmente prima che ne fosse vietata l’importazione.

Altre sottospecie importate comprendono T. s. scripta e T. s. troostii. La maggior parte delle sottospecie non sono mai state importate.

Origine e habitat naturale

Ha un areale di distribuzione molto vasto, che va dall’America settentrionale fino alla parte settentrionale dell’America meridionale. E’ stata introdotta e si è stabilita in molti paesi in tutto il mondo. Occupa la maggior parte degli ambienti d’acqua dolce, ma preferisce acque tranquille con abbondanza di vegetazione e rive soleggiate; ama esporsi al sole.
Trachemys scripta è onnivora e in natura si nutre di pesci, rane, girini, vermi, molluschi, insetti, larve, animali morti e piante acquatiche. Gli individui giovani sono prevalentemente carnivori, infatti occupano le acque più basse, dove abbondano gli insetti. Man mano crescono si spostano verso acque più profonde, dove è meno facile trovare prede animali, e scelgono una dieta prevalentemente vegetariana.

Descrizione

Secondo la sottospecie, le dimensioni variano da 20 a 60 cm. Le dimensioni di T. s. elegans sono di 13 cm per i maschi e 28 per le femmine. T. s. scripta arriva a 27 cm e T. s. troostii a soli 21 cm. Il carapace, ovale, presenta una lieve carena mediana. Il colore del carapace va da olivastro a marrone con dei disegni gialli variabili. Il piastrone è giallo e secondo le sottospecie può mostrare dei disegni scuri di estensione variabile. Il colore della pelle varia da verde a marrone olivastro con strisce gialle.
T. s. elegans presenta una caratteristica macchia rossa dietro l’occhio; in T. s. scripta vi è una larga macchia gialla, che invece è stretta in T. s. troostii.

Dimorfismo sessuale

Nei soggetti adulti il riconoscimento del sesso non presenta difficoltà. I maschi raggiungono una taglia inferiore rispetto alle femmine; hanno la coda più lunga con la cloaca posta più distalmente e hanno le unghie degli arti anteriori molto lunghe. I maschi con l’avanzare dell’età tendono a diventare melanistici (di colore nero).

Mantenimento in cattività

I giovani vanno allevati in acquari forniti di una parte emersa riscaldata; la profondità dell’acqua deve essere di 10-15 cm per i neonati (che sono ottimi nuotatori) e aumentare proporzionalmente man mano la tartaruga cresce, fino a 60 cm per gli adulti.
Uno dei fattori fondamentali per la prevenzione delle malattie è la qualità dell’acqua, che deve essere mantenuta più pulita possibile con l’utilizzo di un buon sistema di filtraggio. Per mantenere l’acqua più pulita è utile alimentare i soggetti in una bacinella a parte, e rimetterli nell’acquario un’ora circa dopo il pasto. Questo è abbastanza pratico da realizzare con gli adulti, che richiedono di essere alimentati due o tre volte la settimana. La zona asciutta deve essere riscaldata con una lampada che crei un punto caldo di 32°C, e accanto va posta una lampada UVB.
La temperatura dell’acqua deve essere di 24-26°C di giorno, con una riduzione di circa 5°C di notte. Ciò si ottiene con dei riscaldatori collegati a un termostato, facendo attenzione che le tartarughe, specialmente quelle più grosse, non li danneggino. E’ sconsigliabile porre il terrario di fronte a una finestra perché con il sole si surriscalderebbe facilmente.
Non si deve utilizzare come materiale per il fondo sabbia, ghiaia o altro materiale costituito da particelle che possano essere ingoiate, perché causano facilmente costipazione intestinale.
Durante le giornate calde e soleggiate è un’ottima pratica permettere alle tartarughe di esporsi alla luce solare diretta. Si deve prestare la massima cura ad evitare problemi di surriscaldamento, soprattutto per gli esemplari più piccoli, fornendo la possibilità di ripararsi all’ombra.
La sistemazione ideale consiste nell’allestimento di un laghetto all’aperto, posto in una zona soleggiata, con la possibilità di uscire dall’acqua ed esporsi al sole. In queste condizioni gli esemplari adulti possono stare tutto l’inverno all’aperto, andando il letargo sul fondo (nelle zone montane vanno invece ricoverate in un locale non riscaldato durante l’inverno).

Alimentazione

Le tartarughe piccole devono essere alimentate tutti i giorni; man mano che crescono la frequenza dei pasti va diminuita, fino ad arrivare a 2-3 volte alla settimana negli individui adulti. In cattività si deve offrire una varietà più ampia possibile di alimenti: pesciolini; lombrichi; lumache e molluschi; tubifex; pellet per cani di tipo magro; pellet commerciale per trote; insalata; carote grattugiate e foglie di carota, fagiolini, tarassaco, trifoglio; piccole quantità di frutta e altri alimenti adatti alla dieta delle tartarughe erbivore. Va in ogni caso evitata l’alimentazione con un solo tipo di cibo, soprattutto con l’uso esclusivo di gamberetti secchi.

Legislazione

T. scripta non è in CITES pertanto è di libera vendita, con l’eccezione della sottospecie T. s. elegans, che dal 18/12/00 è inserita nell’allegato B del Regolamento CE 338/97 (modificato poi con il Regolamento CE 2724/2000) e dal 24/10/01 ne è vietata l’importazione, ibridi compresi. Questo regolamento è stato emanato a protezione di Emys orbicularis, la tartaruga palustre europea, tuttavia T. s. elegans è di libera detenzione e possono regolarmente essere venduti gli esemplari nati nella Comunità Europea (purchè muniti del verbale di denuncia di nascita). Le nascite devono inoltre essere riportate in un apposito registro (DM 22/2/01).

Testudo hermanni

Sottospecie

T. h. boettgeri
T. h. hermanni

Fino al 1987 la forma occidentale, T. h. hermanni, era designata come T. h. robermertensi, e quella orientale, T. h. boettgeri, come T. h. hermanni.

Origine e habitat naturale

T. hermanni è originaria del sud dell’Europa: Spagna orientale, Francia meridionale e Corsica, Italia centrale e meridionale (comprese Sicilia e Sardegna), Isole Baleari, Balcani, paesi dell’ex Yugoslavia, Albania, Bulgaria, Romania, Grecia e Turchia. In queste aree la distribuzione delle popolazioni è molto discontinua.
T. h. boettgeri
è la sottospecie orientale, distribuita nei Balcani, mentre T. h. hermanni occupa le zone occidentali (Spagna, Francia e Italia).
L’habitat naturale di T. hermanni è rappresentato dalle foreste di querce; a causa della distruzione di questo tipo di paesaggio questa tartaruga ha occupato la macchia mediterranea, composta da colline cespugliose aride. Durante le ore più calde delle giornate estive si rifugia all’ombra, ed è più attiva la mattina e il tardo pomeriggio.

Descrizione

Vi è una differenza di taglia sia tra maschi e femmine, che tra le due sottospecie. In T. h. hermanni i maschi arrivano a 14 cm e le femmine a 16,5, mentre in T. h. boettgeri raggiungono rispettivamente i 19 e 20 cm, sebbene si trovinofemmine che possono arrivare a 26.
Il carapace è moderatamente convesso, cupoliforme; gli scuti presentano una colorazione di base giallo – olivastra con delle aree nere, che negli scuti vertebrali e costali coprono le aree anteriori e laterali, e negli scuti marginali coprono le zone anteriori e inferiori. E’ presente un lungo e stretto scuto nucale. Lo scuto sopracaudale è diviso in due in quasi tutti i soggetti.
Il piastrone è giallo marroncino con delle aree nere, che in T. h. hermanni formano due strisce longitudinali parallele, e che in T. h. boettgeri formano delle linee discontinue. Nel piastrone non sono presenti cerniere. In entrambi i sessi sulla punta della coda è presente un caratteristico astuccio corneo.

Distinzione dei sessi

La distinzione dei sessi negli esemplari adulti non presenta alcuna difficoltà. Il maschio è di taglia inferiore; presenta il piastrone leggermente concavo, mentre nella femmina è piatto. La coda del maschio è molto più lunga e grossa, con l’apertura cloacale più distante dalla base della coda. L’angolo formato dagli scuti anali del piastrone è più aperto nel maschio. Lo scuto sopracaudale è incurvato verso il basso e verso la coda nel maschio, mentre nella femmina è in linea con il resto del carapace.
Negli esemplari immaturi si può fare riferimento all’angolo formato dagli scuti anali del piastrone, che a volte già nel neonato appaiono formare un angolo più largo nel maschio, e più stretto nella femmina.

Mantenimento in cattività

Questa tartaruga, essendo originaria dell’area mediterranea, nei nostri climi si presta molto bene ad essere allevata all’aperto, soprattutto nel centro-sud. Nel nord Italia può essere allevata anche nella Pianura Padana, al cui clima, anche se più umido di quello originario, si adatta piuttosto bene. Invece non si presta ad essere allevata in terrario.
Dal momento che queste tartarughe amano muoversi ed esplorare l’ambiente, e che devono trovare al pascolo l’alimento di cui hanno bisogno, la loro sistemazione ideale è rappresentata da un giardino soleggiato e a prova di fuga, o comunque un ampio spazio recintato ricco di erbe di campo. La presenza di una recinzione è indispensabile sia per prevenire la fuga delle tartarughe, sia per impedire che vengano aggredite da cani, e inoltre per evitare che vengano schiacciate dalle automobili (eventualità purtroppo molto frequenti). La recinzione deve essere interrata per almeno 10 cm, per evitare che le tartarughe possano fuggire scavando una galleria al di sotto, e deve essere liscia, perché spesso questi rettili hanno discrete capacità di arrampicarsi, e alta almeno 40 cm. La superficie ideale è di almeno 10 m2 per tartaruga. La presenza di bassi cespugli permette di creare indispensabili ripari e zone d’ombra.

E’ molto importante separare i maschi delle femmine, altrimenti il corteggiamento e il continuo accoppiamento dei maschi finirà per creare alla corazza delle femmine delle gravi lesioni. Si deve tenere presente che il rapporto ideale è di un maschio per 5-6 femmine. Anche se si tengono insieme più maschi, questi si creeranno lesioni alla corazza, che in certi casi possono essere tanto gravi da portare alla morte il rettile.

Per riparare le tartarughe nelle serate più fresche, in primavera ed in autunno, si deve predisporre una casetta di legno, ben isolata, perché le tartarughe trovino riparo dal freddo e dall’umidità eccessiva. Il pavimento deve essere leggermente rialzato per evitare l’acqua in caso di pioggia. All’interno si possono mettere dei giornali o delle foglie secche.

Nell’habitat naturale T. hermanni va in letargo da novembre ad aprile; nell’Italia del Nord il letargo generalmente è anticipato di un mese. Nelle aree più a Sud, quando la temperatura aumenta molto queste tartarughe subiscono un periodo di estivazione.
Lo stimolo per la preparazione al letargo è determinato dalla diminuzione della temperatura diurna e delle ore di luce, che determina la sospensione dell’alimentazione: in questo modo il rettile ha modo di svuotare l’apparato digerente. In caso contrario il cibo contenuto nel tratto digerente andrebbe in putrefazione con gravi conseguenze per la salute.
Solo animali in condizioni fisiche ottimali, con sufficienti riserve di grasso accumulate durante la stagione calda, devono essere lasciati ibernare. Gli animali che non rispondono a questi requisiti, che sono malati, debilitati o sottopeso non devono essere lasciati andare in letargo, ma vanno mantenuti al caldo per tutto l’inverno, in un terrario ben allestito, affinché possano essere alimentati e/o curati.

Le tartarughe possono essere lasciate andare in letargo all’aperto oppure al chiuso. Ognuno dei due sistemi ha dei vantaggi e degli svantaggi. Se ben organizzata, la seconda scelta è la migliore in quanto è più sicura per l’animale. Per effettuare il letargo al chiuso si utilizza un contenitore di dimensioni adeguate, che può essere rappresentato da una scatola di cartone, di legno o di polistirolo, poco più grande della tartaruga, con delle piccole aperture per il passaggio dell’aria. Lo si riempie con un substrato quale paglia, foglie secche o pezzi di giornale e lo si pone dentro un contenitore più grande, con le stesse caratteristiche, riempito con lo stesso tipo di materiale. In questo modo, se anche la tartaruga si sposta dentro il primo contenitore, rimane sempre isolata dall’ambiente esterno.
Il contenitore va sistemato in una stanza, ad esempio una cantina o un garage, con una temperatura non superiore a 10°C. La situazione ideale consiste nell’utilizzare delle apposite strutture con un monitoraggio costante della temperatura e un’adeguata aerazione.

Il letargo all’aperto comporta rischi maggiori per l’animale (congelamento, attacco da parte di roditori). Si deve scegliere una zona di terreno morbido al riparo dal vento, ben drenata, dove la tartaruga s’interrerà. Sopra si sparge del fieno o delle foglie secche.

La temperatura ottimale durante il letargo deve essere di circa 5°C. Temperature inferiori a 2°C si possono essere potenzialmente pericolose, mentre sopra gli 11°C gli animali tendono a diventare attivi. A temperature al di sotto dello zero si possono verificare lesioni oculari o cerebrali, con danni irreversibili anche per esposizioni brevi. Questi problemi si riscontrano generalmente in animali lasciati ibernare all’aperto senza adeguata protezione.
Uno dei principali errori che si commettono nella gestione delle tartarughe in letargo è di lasciarle ad una temperatura intermedia tra quella ottimale e quella del letargo, dal momento che in queste condizioni il metabolismo continua, anche se ad un ritmo più lento, ma l’animale non si alimenta, consumando le sue riserve energetiche ad un ritmo troppo elevato.
Si calcola che per ogni mese di letargo effettuato in condizioni ideali una tartaruga perda l’1% del proprio peso corporeo. Il periodo di letargo non deve superare una durata di 20 settimane, il che nei nostri climi non rappresenta in genere un problema.
Al termine del letargo è indispensabile permettere alle tartarughe di bere; per stimolare l’assunzione d’acqua sono molto utili dei bagni in un recipiente con un paio di centimetri d’acqua, in cui la tartaruga può essere lasciata per un’ora.

Se è necessario ricoverare una T. hermanni in terrario (per motivi di salute, per tenerla in osservazione, perché non è in grado di affrontare il letargo) occorre fornire condizioni ambientali che simulino quelle naturali. Il range ottimale di temperatura è di 24-27°C durante il giorno e di 18°C durante la notte. Ad un’estremità del terrario si pone una lampadina riscaldante che crei un punto caldo di circa 32°C e accanto a questa un tubo al neon a spettro completo con emissione di UVB, che stia a non più di 40 cm di distanza dal fondo. Il ciclo luce – buio deve essere di 12-12 ore.
Durante la notte il riscaldamento va effettuato con fonti di calore che non emettono luce (materassini riscaldanti, lampade di ceramica o a luce blu o rossa). E’ indispensabile collocare nel terrario due termometri (uno nel punto più fresco e uno sotto il punto caldo) per verificare il gradiente di temperatura.
L’ideale è utilizzare un terrario di tipo “aperto”, senza coperchio, che permette un ricambio d’aria ottimale. Il materiale migliore per il fondo è rappresentato da fogli di giornale, da cambiare ogni volta che si rende necessario. Materiali corpuscolati (sabbia, segatura, trucioli) comportano elevati rischi di ingestione e costipazione.
Nel terrario vanno posti dei rifugi nella parte più fresca, e non deve mancare un basso recipiente d’acqua in cui il rettile possa entrare ed uscire senza problemi. Dal momento che le tartarughe tendono a defecare in acqua, questa va cambiata ogni volta che si sporca, e comunque almeno una volta al giorno.
Questo tipo di sistemazione è adatta anche alle tartarughe neonate per far loro trascorrere il primo inverno al caldo. Negli anni successivi è però opportuno permettere loro di effettuare il letargo.

Alimentazione

Le tartarughe mediterranee sono specie strettamente erbivore; qualunque fonte di proteine animali deve essere totalmente bandita dalla loro dieta. La dieta in cattività deve rispecchiare più possibile quella naturale: ricca di fibra, minerali, microelementi e vitamine, povera di grassi e con poche proteine vegetali.
L’alimentazione ideale è composta dalle piante che crescono spontaneamente in prati e giardini: erba, trifoglio, tarassaco, piantaggine, fiori, ecc. Altri alimenti adeguati sono l’erba medica e le foglie di fico d’India.
Se la tartaruga ha a disposizione a sufficienza di questo tipo di alimento non necessita di altri alimenti o di integrazione.
I vegetali coltivati rappresentano una scelta nettamente inferiore, e vanno dati sporadicamente, nei periodi in cui sia carente l’alimento naturale. Si possono offrire ad esempio cavoli (di vari tipi), ravizzone, lattuga, prezzemolo, foglie di carota, cardo, peperoni dolci rossi e verdi, zucchini, ecc.
Tutti gli ingredienti devono essere ridotti in pezzi adeguati alla taglia degli animali, mescolati in un grande recipiente e cosparsi con un integratore multi – minerale e vitaminico di qualità e con carbonato di calcio.
La frutta va evitata, perché in quantità eccessiva causa gravi disordini intestinali; inoltre non contiene adeguati livelli di calcio.
Le specie erbivore alimentate con una quantità eccessiva di proteine vanno incontro a una crescita deforme della corazza, che appare “bozzellata” anziché liscia ed è troppo tenera a causa dell’insufficiente calcificazione, e a gravi problemi a carico del fegato e dei reni. Ciò può essere causato non solo dalla somministrazione di carne e di alimenti per cani e gatti, ma anche di fagioli, piselli, fagioli germinati e simili alimenti vegetali ricchi di proteine.
L’insalata brasiliana va evitata perché è particolarmente scarsa dal punto di vista nutritivo.
Totalmente controindicati e dannosi sono i carboidrati (pane, pasta, ecc.), il latte e i derivati del latte (ad esempio la mozzarella), qualunque alimento contenente proteine animali (carne, cibo per cani e gatti, mangime per tartarughe onnivore, larve di insetti).
Non deve mai mancare un basso recipiente d’acqua, sempre fresca e pulita, a cui la tartaruga possa facilmente accedere per immergersi a bere.

Legislazione

Testudo hermanni è in appendice II CITES e in allegato A del Regolamento CE 2724/2000. Significa che è una specie protetta e non può essere detenuta o venduta (salvo deroghe particolari), a meno che non si tratti di un soggetto nato in cattività. Anche in tal caso, per essere venduta, deve essere reso riconoscibile mediante vari mezzi (ad esempio l’inserimento del microchip, se la tartaruga è lunga almeno 10 cm o ha almeno 5 anni di età, oppure la foto di piastrone e carapace) e accompagnata sempre dalla relativa documentazione legale. In caso di cessione gratuita sono sufficienti i documenti forniti dall’allevatore.

Inoltre, rientrando nella fauna protetta, se si trova casualmente una di queste tartarughe non la si può tenere. È possibile però denunciarne il ritrovamento al Corpo Forestale dello Stato e chiederne l’affidamento, se l’ambiente in cui viene rinvenuta non è idoneo alla sua sopravvivenza (ad esempio nei pressi di un centro abitato dove rischia di venire schiacciata dalle automobili), o se viene trovata ferita o malata.

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